Autori
del convincente "Life" del 2003, i fiorentini Green rientrano
sulle scene col nuovo lavoro "Of love and soul" e con una
formazione leggermente mutata rispetto al citato predecessore. Molto
bella davvero l'opener "Receive me", eccellente biglietto
da visita per un lavoro che non mancherà di raccogliere consensi,
un deciso rock melodico che permette all’ugola di Fabrizio Pieraccini
di farsi apprezzare, ed una volta tanto il bilanciamento fra tecnica
e passione appare praticamente privo di sbilanciamenti a favore dell'una
o dell'altra componente la sottile alchimia che determina la riuscita
o meno di una canzone. Segue la più energica "Fight for
truth", mentre la ballata "Do it now" sposa atmosfere
modern-rock a la Nickelback, e potrebbe davvero venir sfruttata per
sfondare sul mercato, essendo garantito l'appeal radiofonico. La vera
forza di "Of love and soul" è la sua indiscutibile
cifra stilistica, tanto che la successiva "Hate me" rilegge
con grande attenzione la fondamentale lezione di certo class-rock
americano degli ottanta, mettendolo al passo coi canoni contemporanei.
Eccellente il lavoro del nuovo entrato Jacopo Torrini (chitarra),
mentre la sezione ritmica (con Valentino Berto al posto di Guido Melis,
ora negli Underfloor, al basso) si sobbarca una ponderosa mole di
lavoro (alla batteria troviamo Michele Fanfani, mentre titolare delle
keys è il fratello Giovanni). Ancora un lentone, "There's
no wind", e dal vivo la resa del pezzo è assicurata, fa
da ponte fra prima e seconda parte del CD, questa ultima focalizzata
su tempi generalmente più moderati.
Dopo “Freedom” ci imbattiamo in “No return journey”,
episodio sottoposto a repenti accelerazioni dal vigorosissimo strumentismo
e marchiato da vocals addirittura filtrate. Porzioni tecno-AOR, accenni
modernisti e tanta perizia denunziante l’onnipresente ed irrinunciabile
ispirazione del prog-metal deluxe rappresentano ulteriori indizi della
bravura dei suoi estensori. La rabbia è pronta ad esplodere
in “Baby tell me why”, palestra virtuale ove si esercitano
le corde vocali di Fabrizio e quelle della chitarra di Jacopo (che
in “One day” si esibisce in un gradevole assolo), con
Giovanni pronto a fornire al pezzo un retrogusto quasi settantiano;
la sezione ritmica non cede alla facile tentazione di forzare inutilmente
la struttura del brano, evitando così di appesantirlo oltremisura
e dando segno di possedere equilibrio.
OLAS risulta lavoro apprezzabile e sopra tutto maturo e convincente,
ove ogni ingrediente pare dosato con grande accortezza; non manca
la melodia, a volte elargita senza risparmio senza per questo travalicare,
e la dote tecnica viene spesa con acume. Non ci resta che consigliare
a tutti, grandi e piccini, questo disco, ulteriore prova della crescita
della scena metal tricolore. AM
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