Quando meno te lo aspetti ecco che arriva la sorpresa, questi Haken
sono dediti al prog e sono giunti al terzo sigillo in quattro anni
di attività, in questo periodo si sono fatti notare da pubblico
e critica, ottenendo sempre consensi entusiasmanti. Tra l’altro
il gruppo è inglese, la patria del progressive, una terra che
non ha mai smesso di partorire talenti, anche se ultimamente è
stata piuttosto avara di nuove sensazioni. Gli Haken sono in sei e
due di loro vengono dai To-Mera, un altro dai Linear Sphere, tutti
si sono diplomati in prestigiosi conservatori. Da notare che li hanno
scelti per aprire a molti gruppi importanti, il tutto a consolidato
il gruppo, che si presenta con questo nuovo lavoro pieno di attese
e speranze, riposte in un prog metal particolarmente intenso.
“The Path” è una specie di intro, un brano sognante
per piano, voce e tastiere, la melodia è suadente, ma non rivela
quasi nulla di quanto sentiremo dopo, se non la magia di voci arrangiate
in modo sublime. “Atlas Stone” è aperta da una
tastiera che si insinua con malizia, ma poi entra tutta la band con
impeto solenne e si comincia ad avvertire qualcosa della grandezza
di questi musicisti, i brividi cominciano a scorrere e mentre le geometrie
ritmiche si fanno sempre più complesse si comprende che non
è la solita musica. Ma è nulla rispetto ai giochi vocali
polifonici di “Cockroach King”, tra Gentle Giant e improvvisazioni
jazzate e trovate teatrali, art rock sopraffino, in più di
un passaggio si resta davvero a bocca aperta. “In Memoriam”
dimostra tutta la forza di questi musicisti, che non cambiano le regole,
ma impongono un sound ricco di riferimenti colti, elargiti con una
sapienza sorprendente, tanto da diventare un nuovo riferimento loro
stessi. “Because It’s There” inizia con armonie
vocali polifoniche spettacolari, se i brani precedenti vi saranno
piaciuti, questo potrebbe davvero conquistarvi, c’è davvero
tanto talento qui, per noi parlare poi delle ritmiche tanto complesse
quanto belle che vengono in seguito, brano superlativo. “Falling
Back to Earth” è lunga e complessa e ci mostra la band
alle prese con le lunghe distanze, il sound si fa cattivo e ruvido,
sono passate le belle melodie, qui c’è potenza e grinta
e ancora una volta si ammira l’abilità di questi musicisti
nel creare atmosfere avvincenti, era un bel po’ che un disco
non mi entusiasmava così. Delicatissima “As Death Embraces”,
dopo sle sfuriate precedenti ci sta proprio bene. Ma le intemperanze
non sono finite ed ecco esplodere l’energia di “Pareidolia”,
altro brano lungo e complesso, ricco di soluzioni ritmico armoniche
da brividi. Si chiude con la preziosa “Somebody”, dominata
da un crescendo di rara intensità, un disco davvero sopra le
righe.
Questi ragazzi sono giovani, ma dimostrano già un talento molto
grande, certo oggi entrano in un panorama a tratti sconfortante, però
la strada per chi fa musica raramente è stata facile e gli
Hacken sono partiti molto bene. Vedremo se otterranno i riconoscimenti
che meritano, intanto hanno tutto il nostro sostegno. GB
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