| Sono passati tre anni dal monumentale The Mountain, l’album 
            che ha fatto conoscere ai più gli Haken, band inglese che sta 
            imponendosi come una delle giovani realtà prog più promettenti. 
            Mentre il disco precedente era un chiaro atto di amore per il prog 
            settantiano, con i Gentle Giant in testa, questo nuovo disco sposta 
            le coordinate sonore di una decade e raccoglie l’eredità 
            degli anni ottanta. Detto così si corre il rischio di venire 
            fraintesi, perché sono ancora molti gli affezionati dei seventies 
            che storcono il naso quando si nomina tutto quanto è venuto 
            dopo. Eppure gli Haken, che anagraficamente sono cresciuti con questi 
            suoni in testa, hanno cercato di prendere il meglio di un periodo 
            tanto particolare e lo hanno innestato nel loro modo personalissimo 
            di fare musica.
 
 Un intro lancia “Initiate”, un brano nervoso, con un blend 
            di suoni non facilmente riconoscibili, ci sono partiture ritmiche 
            molto prog, ma anche linee melodiche particolari e sfuriate metalliche 
            di grande impatto, la band si mostra molto agguerrita. “1985” 
            è il primo vero richiamo di quanto detto in apertura, suoni 
            di tastiere e di batteria dannatamente ottanti ani, ma il contesto 
            ritmico è molto più articolato e nelle parti strumentali 
            ci sono anche deviazioni inaspettate verso un sound molto duro, memore 
            di soluzioni tardo Crimsoniane. “Lapse” è un brano 
            molto prog, i suoni eighties non impediscono una stesura che non può 
            non piacere a chi ama un prog vibrante, ricco di cambi di tempo e 
            geometrie vertiginose. “The Architect” in questo senso 
            è un vero atto di forza, un brano possente dove la band ha 
            infuso tutta la propria abilità, da cardiopalma. “Earthrise” 
            potrebbe essere uno dei brani che potrebbero scontentare di più, 
            con le sue sonorità alla ABWH, ma in realtà è 
            un pezzo splendido, con melodie superlative, degne degli Yes migliori 
            e parti ritmiche di assoluto valore. Allo stesso modo potremmo valutare 
            “Red Giant”, ma credo di poter dire che gli Haken sono 
            riusciti a usare i suoni degli anni ottanta per fare la musica che 
            ci saremmo aspettati dai gruppi storici, che invece in quegli anni 
            hanno deluso spingendo più sul lato commerciale, quest’ultimo 
            fortunatamente manca in questo disco. Ma se certi suoni proprio non 
            vi aggradano ecco arrivare la possente “The Endless Knot”, 
            un brano duro e cattivo, all’insegna di un prog moderno, carico 
            di vibrazioni, ancora una volta vicino ai King Crimson più 
            visionari, anche se ha una sua identità. Colpo finale l’onirica 
            “Bound by Gravity”, gli Haken hanno raccolto il meglio 
            di due tradizioni musicali importanti e hanno dato vita ad un sound 
            stellare, che brilla di luce propria.
 
 Atto di coraggio enorme, dopo un album di successo gli Haken hanno 
            rinnovato il loro sound rischiando parecchio e consapevoli o meno, 
            forse anche con un pizzico di fortuna, ma non credo, hanno dato vita 
            ad un disco veramente brillante. Mi piace molto pensare che questi 
            giovani musicisti siano riusciti a dar vita ad un sound che è 
            ponte fra periodi musicali considerati lontani, ma soprattutto è 
            importante che l’abbiano fatto senza nessuna tentazione retrò, 
            piuttosto hanno gettato delle solide basi per uno splendido futuro, 
            che spero potremo presto testimoniare. GB
 
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