Eccoci al terzo disco per i canadesi HPF, un Ep di cinque brani autoprodotto.
La scelta di un disco “ristretto” sembra dettata dalle
difficoltà di questi tempi, ma trovo che sia anche una buona
idea, perché a volte i dischi troppo lunghi possono anche stancare,
richiedono un grande sforzo per realizzarli e spesso si limitano a
contenere una piccola parte di brani veramente memorabili. In un tempo
in cui le uscite sono davvero tante, forse è meglio concentrarsi
su pochi pezzi curati nei minimi dettagli.
Si inizia con “Mathematics”, un brano prog con ritmiche
complesse e un caleidoscopio di suoni, che spaziano da un rock jazzato
ad un hard moderatamente ruvido. Piacevole il cantato della singer
Kyree, ottime le parti strumentali, i quattro musicisti coinvolti
confermano la rispettiva bravura. Molto più nervosa e avventurosa
“Mood Elevator”, dall’impianto quasi zappiano, un
brano ironico e graffiante, tecnicamente più elaborato e sempre
ricco di spunti armonici diversi, caratteristica da sempre distintiva
di questa band, che gioca continuamente a mescolare le carte. Finale
scoppiettante, con Kyree che esibisce doti vocali non comuni. Lo spirito
zappiano del gruppo, che se vogliamo ricordano anche i Primus, riemerge
nella dinamica “Toronto Tontos”, un brano divertente,
ma anche un rompicapo ritmico. La voglia di stupire l’ascoltatore
si rivela brano dopo brano, così se ancora non vi è
bastato quanto ascoltato ecco “One Eyed Man”, brano brioso
e sempre molto ricco di variazioni. Chiude la girandola “Mirror
Eyes”, il brano meno complesso del lotto, ma anche uno dei più
belli, in pieno prog style.
Gran bel disco, ancora una volta questi musicisti colpiscono nel segno.
GB
Altre recensioni: Rabbit in the Vestibule;
Good Things
Sito Web
|