INTERVISTA
AGLI HAPPY THE MAN
di Michele Maestrini
Cominciamo subito a parlare del vostro ultimo album The Muse
Awakens… quanto tempo avete impiegato per realizzarlo?
Tutto il materiale che compare sul nostro ultimo album è stato
scritto specificamente per questo album, io e Frank Wyatt abbiamo
cominciato a scrivere del materiale nel 1999, anno in cui bazzicavamo
dalle parti di Los Angeles; la cosa curiosa è che tutte le
canzoni presenti nel nostro ultimo lavoro sono state scritte durante
gli ultimi cinque anni, dal 99 fino alla sua realizzazione.
Cosa ci puoi dire delle singole canzoni presenti sul disco?
C’è qualche aneddoto o qualche pezzo che ti piace particolarmente?
Si, la title track “The Muse Awakens” è
stato il primo pezzo che abbiamo scritto dopo la nostra reunion, continuando
cosi il discorso che si era interrotto quasi vent’anni fa; è
stata una canzone scritta appositamente nello stile della band in
modo che si riconoscesse immediatamente il nostro sound e il titolo
della canzone la dice lunga, in quanto quando scrissi questo pezzo
pensai davvero “Wow, la musa si è davvero risvegliata!!”.
Gli Happy the Man hanno sempre scritto musica solamente nei momenti
di ispirazione, non siamo mai stati capaci di sederci e di pianificare
un pezzo a tavolino solo per riempire un disco.
Credo che non sia facile trovare una band che scriva solo
nei momenti di ispirazione no?
Credo proprio che tu abbia ragione, purtroppo molte persone
e molti artisti scrivono più con la testa che con il cuore,
questa è una cosa assolutamente negativa che snatura il concetto
vero e proprio di arte.
Cosa mi dici degli anni 70? Quali sono stati i vostri punti
di riferimento?
Beh…sicuramente i grandi classici come i Gentle Giant,
gli Yes, i King Crimson e via dicendo. Allo stesso tempo amavamo molto
i compositori classici come Debussy, Respighi, Stravinsky…
Cosa ne pensi di gruppi come gli Yes che continuano a fare
concerti senza apportare novità ma proponendo i loro vecchi
classici?
Beh è sicuramente un peccato che queste band non riescano
più a produrre materiale che abbia lo stesso valore di quello
prodotto negli anni d’oro, sono convinto però che la
buona musica e le buone canzoni resistano allo scorrere del tempo
e sicuramente va bene se continuiamo a sentirle ai giorni nostri!
Di certo sarebbe comunque più stimolante e artistico proporre
cose nuove.
Quanta tradizione e quanta modernità ci sono in questo
vostro ultimo lavoro?
Non saprei dirti se ci sono realmente elementi moderni in
quanto sinceramente nessuno di noi ascolta le nuove correnti di rock
progressive. Quello che posso dirti è che bene o male ci siamo
ricondotti al percorso che avevamo intrapreso venticinque anni fa,
addirittura ci siamo ritrovati nello stesso posto e da lì abbiamo
cominciato a comporre nuovamente; credo che la modernità sia
rappresentata maggiormente dai mezzi e dalla tecnologia che abbiamo
avuto a disposizione più che dallo stile. Sai, per noi la tradizione
è molto importante, in quanto i nostri due album hanno fissato
gli standard della nostra musica, e per noi è importante mantenere
questo sound e questo stile.Volevamo creare un seguito a Crafty Hands
e credo ci siamo riusciti, no? (risate)
Credo che il problema della modernità vi riguardi poco,
in quanto i vostri due album erano molto moderni all’epoca.
Crafty Hands potrebbe benissimo sembrare un album prodotto negli anni
novanta non credi?
Grazie! Sicuramente la nostra fortuna è stata quella
di avere un grande produttore, infatti tutti e due gli album suonano
veramente alla grande! Quello che dici è grandioso e sono molto
contento di sentirtelo dire… è un grande complimento!
Quando ci siamo sciolti nel ‘79 eravamo contenti perché
pensavamo di aver creato una musica che sarebbe durata nel tempo.
La musica progressive è associata quasi sempre alla
scena inglese degli anni ‘70, in effetti si conosce poco della
scena americana; mi puoi dire qualcosa sui ‘70 americani?
Beh… sinceramente non c’è molto da dire!
Come ben saprai c’erano i Kansas… molto più famosi
di noi, anche se credo che la parola progressive non definisca pienamente
la loro musica in quanto erano prevalentemente più rock rispetto
al progressive tradizionale. Noi eravamo una delle poche band a suonare
veramente progressive… ma sfortunatamente alla fine degli anni
settanta imperava la disco, e quindi non abbiamo avuto molte chanches
per emergere!!
Credi quindi che il vostro fosse uno stile inglese più
che americano?
Si, indubbiamente! Come ti dicevo le nostre influenze erano
quasi tutte inglesi.
Sai spiegarti perché HTM sono stati una band di nicchia
e non sono riusciti a sfondare come altri gruppi più famosi?
Forse siete più famosi e più rispettati oggi di allora?
Forse hai ragione… credo che tutto sommato siamo maggiormente
conosciuti oggi rispetto a quei tempi. Come ti dicevo in quegli anni
imperava la disco music, oggi, 25 anni dopo siamo probabilmente più
considerati, anche perché con l’esplosione dei media
ci siamo fatti conoscere in mezzo alla comunità progressive
di tutto il mondo.
Avete prodotto due album ufficiali e successivamente è
uscito vario materiale postumo, è stato pubblicato col vostro
consenso?
Prima di sciogliere la band abbiamo prodotto anche un terzo
album (Better Late). Kit (Watkins) entrò a far parte dei Camel
e noi altri prendemmo strade differenti. Sono a conoscenza di tutte
queste produzioni postume, ma posso dirti sinceramente che nessuna
di queste ha avuto il nostro benestare. Se fosse stato per noi non
sarebbero state pubblicate. Il lato positivo della medaglia comunque
è che tutto sommato rappresentano del materiale che ha sicuramente
arricchito la discografia dei nostri fans… e se ha fatto la
loro gioia ne siamo contenti anche noi.
Cosa successe quando decideste di sciogliervi?
La ragione principale fu che Kit entrò a far parte
dei Camel nel 1979. Dal canto nostro tentammo di proseguire ugualmente,
ma ci rendemmo conto che nessun altro tastierista avrebbe potuto svolgere
il ruolo che Kit aveva nella band. Questo fu decisamente un punto
di rottura decisivo e la fine della band.
Fu una rottura amichevole o no?
Guarda, sinceramente non ricordo bene e per i dettagli bisognerebbe
sentire anche Kit! (risate). Quello che ti posso dire è che
Kit venne contattato dai Camel e preso dall’entusiasmo e dalla
notorietà della band decise di unirsi a loro e partire per
l’Inghilterra, spinto anche dal fatto che in quel paese le possibilità
per emergere con il progressive erano sicuramente maggiori che in
America.
Cosa avete fatto in tutti questi anni prima di riunirvi per
la composizione di “The Muse Awekens”?
Abbiamo sempre svolto altri lavori perché non siamo
mai stati in grado di guadagnare abbastanza soldi solamente suonando.
Tanto per dirti Frank è un disegnatore e progettista di cucine.
Per quanto mi riguarda suono in clubs e ristoranti con la mia ragazza
riarrangiando in chiave acustica pezzi dei Genesis, Jethro Tull, Beatles
e Emerson, Lake & Palmer. Sono una cinquantina di pezzi che mi
piacciono molto e questo mi permette di vivere di musica e di divertirmi
molto. Purtroppo solo con gli HTM è impossibile. Abbiamo molti
fans in Italia?
Sicuramente in ambito progressive il nome Happy The Man è
sempre ricorrente quando vengono citati i gruppi importanti minori.
Purtroppo è difficile che un ascoltatore di Pop o Rock venga
in contatto con un vostro cd ma questo riguarda più che altro
un problema di distribuzione, anche se la Musea svolge sempre un ottimo
lavoro. Sicuramente con la Inside Out la distribuzione sarà
comunque molto più capillare.
Siamo molto contenti di essere approdati alla Inside Out
e non avremmo potuto sperare di meglio in quanto è un’etichetta
che distribuisce un sacco di band famose. Questa spero sia la realizzazione
del sogno che avevamo alla fine degli anni settanta di raggiungere
il maggior numero possibile di ascoltatori per la nostra musica. Spero
tanto che avremo anche la possibilità di suonare in Italia.
Ho vissuto per circa quattro anni in Germania e ogni tanto venivo
nel vostro splendido paese a trovare alcuni amici. L’Italia
ha un posto speciale nel mio cuore.
State programmando un tour al momento?
Al momento no, anche perché l’album è
uscito da poco e aspettiamo che venga distribuito maggiormente. Nel
futuro posso dirti che quello che vogliamo è suonare e fare
concerti e spero tanto di poter organizzare un tour europeo, nel qual
caso verremo sicuramente da voi!
Siete soddisfatti della risposta ricevuta dai fans riguardo
il vostro come back?
Si, siamo veramente contenti. Abbiamo ritrovato i vecchi
fans e come ti dicevo, con l’uscita dell’ultimo album
sembra quasi che non siano neanche passati 25 anni di “pausa”
(risate). Credo che il prossimo album conterrà più canzoni
cantate, ho avuto modo in questi anni di dilettarmi molto con la mia
voce e credo di avere l’esperienza giusta per fare un album
più incentrato su questo e non prettamente strumentale come
abbiamo sempre fatto.
Chi è il principale compositore all’interno della
band?
Io, Frank e Dave. Dave ha scritto 3 pezzi, io 5 e Frank altri
3. Frank è comunque il principale compositore per quanto riguarda
i testi, abbiamo già abbastanza materiale per il prossimo album,
nel quale avremo almeno 4 o 5 brani cantati. Questa cosa credo aiuterà
la band a raggiungere una maggiore audience.
Vi siete sentiti sotto pressione durante la composizione dell’album?
Era pesante il doversi confrontare con due capolavori come i vostri
due precedenti?
Sinceramente si. Per noi era fondamentale fare un buon rientro
e non deludere le aspettative della gente. La cosa che ci ha tranquillizzato
comunque è il fatto che abbiamo composto nella stessa vena
dei due album precedenti e credo che quest’ultimo non sfiguri
di fronte a loro.
Avete contattato Kit Watkins per chiedergli di partecipare
alla reunion? Cosa pensa del vostro lavoro?
Quando ci siamo trovati 5 anni fa abbiamo contattato Kit
e abbiamo cominciato a lavorare con lui. Era molto interessato alla
realizzazione di un nuovo album, ma non aveva intenzione di proporlo
in chiave live, cosa che invece volevamo fare. Kit in ambito live
è nervoso e si sente molto più a suo agio in studio.
Questa è la ragione per cui abbiamo preferito registrare e
comporre con una persona che ci seguisse anche dal vivo. Abbiamo avuto
anche l’occasione di partecipare a grosse manifestazioni progressive
come il Nearfest.
Quali sono le differenze tra il pubblico degli anni settanta
e quello di oggi?
Abbiamo la fortuna di essere ancora abbastanza seguiti dai
fans con lo stesso entusiasmo di allora. La gente è molto attenta
e segue le canzoni in silenzio fino alla fine, più o meno come
25 anni fa. La cosa piacevole è che gli stessi fans di allora
tornano oggi portando i loro figli di 15 o 16 anni e questo ci porta
a essere scoperti da nuove generazioni che altrimenti non avrebbero
per forza di cose avuto modo di vederci suonare dal vivo.
Molti ascoltatori di progressive rock vecchia scuola sono
oggi molto critici verso band prog metal molto tecniche e pesanti.
Cosa ne pensi di questo?
Amiamo i Dream Theater, i Flower Kings etc..Credo che queste
band abbiano il pregio di aver riportato in auge un genere dimenticato
facendo anche riscoprire ai loro fans i grandi classici del passato.
Credo sia sicuramente un bene e quando abbiamo avuto modo di suonare
con loro la fortuna è stata di avere davanti un maggior numero
di persone rispetto a un singolo concerto degli HTM.
Però molte nuove band sembrano concentrate più
su una tecnica leziosa ed esibizionista più che sulle melodie
e sulla canzone. Cosa ne pensi?
Sono totalmente d’accordo, noi con la nostra band abbiamo
sempre cercato di concentrarci sulla melodia più che sul suonare
note a velocità pazzesche. Sicuramente ammiro le loro abilità
sullo strumento, ma preferisco altre cose come belle strutture con
belle melodie e più sostanza.
Mi sembra che il vostro ultimo album sia il perfetto equilibrio
tra tecnica e melodia.
Grazie, ti devo dire che abbiamo avuto il timore che fosse
anche troppo soft e melodico viste le band che vanno ultimamente,
anche perché alcune recensioni hanno evidenziato il fatto che
avrebbero preferito canzoni più “spinte” tecnicamente.
Sai, purtroppo siamo tutti quanti più vecchi di 25 anni e ci
siamo calmati un bel po’! (risate). Non vedo niente di negativo
sul fatto di creare canzoni piu “tranquille”, questo è
quello che sono e va bene cosi.
Io amo le canzoni lente e melodiche!
Mi fa piacere sentirtelo dire, perché molte persone,
specialmente gli europei, amano cose più heavy e tecniche.
Mi fa piacere se siamo apprezzati per la bellezza delle canzoni perché
questo denota intelligenza e attenzione nell’ascoltatore, che
si rivela cosi meno superficiale.
Quali sono le band che apprezzi ultimamente?
Non ho mai ascoltato solo progressive, anche ai vecchi tempi
ho sempre spaziato molto tra i generi. Sicuramente i grandi del prog,
ma mi sono sempre piaciuti i Free, i Beatles, Jimi Hendrix. La cosa
buffa degli ascoltatori di prog è che sono sempre molto snob
verso le melodie semplici e dirette, ma questo non vuol dire assolutamente
che siano meno belle o meno difficili da comporre. Non c’è
un genere particolare. La musica bella è bella e basta, molte
persone dovrebbero aprire le orecchie e la mente ad altri generi.
Mi hai detto che state scrivendo nuovo materiale, credi che
il prossimo album sarà simile a questo?
Credo che il sound rimarrà uguale, l’unica differenza
sarà, come ti dicevo, nella maggiore presenza di brani cantati.
Cosa mi dici riguardo ai Ten Jinn?
Sono una band di Los Angeles per cui ho suonato in un album.
Non suono più con loro, credo stiano uscendo con un nuovo album.
Ho suonato con loro per un annetto e proprio suonando con loro in
Messico ad un festival mi sono reso conto che c’erano in giro
fans degli Happy The Man che venivano alla fine del concerto a complimentarsi
con me per i nostri album. Questa cosa mi ha onorato molto e spinto
a cercare la reunion, supportato dai promoter del Nearfest che ci
hanno offerto di fare da headliner al festival. In un certo senso
i Ten Jinn sono stati il punto di partenza per la nostra reunion.
Pensi ci sia un futuro per il progressive rock?
Credo ci sarà sempre interesse e sempre maggiore.
Spero che la gente si stufi di ascoltare robaccia e cerchi di avvicinarsi
a cose più impegnative. La musica progressive ha questo pregio,
purtroppo si basa molto sul passaparola non avendo un mercato enorme,
l’importante è che ci siano sempre fans appassionati.
Riguardo agli Happy The Man preferite essere definiti una
band progressive o una semplice rock band?
Questa domanda mi piace molto. Personalmente non mi interessa
minimamente di come venga etichettata la nostra musica. Se la definizione
progressive significa che la nostra musica è avventurosa, ricercata
e intelligente questo sicuramente è un bene, comunque l’importante
è che sia buona musica, il resto va bene per i giornali.
L’intervista è finita…
Grazie di tutto, è stato veramente un piacere parlare con te
Il piacere è stato mio! Alla prossima.
MM
Recensioni:
Happy The Man / Crafty Hands; The
Muse Awakens |