Rock Impressions

Happy The Man HAPPY THE MAN
Happy The Man
Crafty Hands
Musea
Crafty Hands

Le suadenti note d’apertura di Starborne aprono quello che è sicuramente uno degli album più belli della scena tardo-progressiva americana. L’omonimo album degli Happy The Man è infatti un concentrato di idee interessanti e originali all'insegna di un prog influenzato sicuramente dal Canterbury (in particolar modo per un certo utilizzo dei fiati) e da un prog più strettamente sinfonico grazie al massiccio utilizzo di tastiere fatto da Kit Watkins, che i più esperti ricorderanno per essere entrato a far parte dell’organico dei Camel per l’album I Can See Your House From Here.

Guardando i vari background dei componenti della band non è difficile capire il perché di questo genere cosi interessante e variegato, i musicisti infatti provengono alcuni da formazioni strettamente Jazz e altri da cover band di progressive classico quali Genesis, Elp, Yes e Gentle Giant, le cui caratteristiche spuntano ogni tanto qua e la senza mai farsi notare pienamente. La storia degli Happy The Man è piuttosto travagliata e la lineup riesce a stabilizzarsi quasi completamente nel 1974, anno in cui escono i primi demo della band (realizzati poi nel 1990 nel cd “Beginnings) e periodo in cui il gruppo viene notato da Peter Gabriel che è alla ricerca di una band dopo l’abbandono dei Genesis; dopo alcune prove il cantante rinuncerà a causa delle troppe similarità con la sua ex band madre (cosa peraltro non vera), ma il gruppo ne gioverà profondamente in quanto grazie a questo verrà notato dall’etichetta Arista che gli offrirà un contratto.

Il primo album vede la luce alla fine del 1976. I due album ufficiali sono prevalentemente strumentali anche se presentano alcune tracce cantate e sono pervasi da atmosfere trascinanti ed eteree, arrangiamenti sofisticati e mai banali, un gusto notevole per la melodia e strutture complesse sostenute da soventi cambi di tempo. Elemento di spicco è sicuramente il tastierista Kit Watkins, uomo dal talento straordinario e dal gusto ineccepibile con le sue cascate di note al pianoforte e le parti più classiche di sinth e moog, cito ad esempio la splendida Carousel che ci ricorda il migliore Patrick Moraz, altro elemento che si fa notare immediatamente è di sicuro il costante e massiccio utilizzo dei fiati. Le parti vocali sono ricoperte dal chitarrista Stanley Whitaker che insieme a Frank Wyatt (secondo pianista “ritmico” e fiatista) sono i principali compositori.

Il secondo album Crafty Hands è considerato il loro capolavoro e, in effetti, è sicuramente un album più omogeneo e consapevole, anche se meno ispirato e vario del primo omonimo. La traccia d’apertura Service With A Smile ci proietta in uno stile decisamente diverso da quello precedente, più secco, forse meno etereo, ma sicuramente più moderno, anche se la seconda traccia Morning Sun ci riporta alle atmosfere più classiche di Starborne, mentre la terza ha un qualcosa degli sperimentalismi dei Gentle Giant; anche in questo caso siamo di fronte ad un album per lo più strumentale con un’unica traccia cantata.

Due album da considerarsi essenziali, lontani dal classico sound americano e sicuramente più vicini al tipico progressive europeo, due album che a dispetto della data di pubblicazione non sono fotocopie o scopiazzature dei grandi album fatti negli anni precedenti ma rielaborazioni intelligenti e originali. Una band che è riuscita a creare due gioielli di un’intensità notevole e sicuramente rara in quel periodo, due veri capolavori. MM

Altre recensioni: The Muse Awakens

Interviste: 2004


Indietro alla sezione H
Indietro a Born Again

 

Ricerca personalizzata

| Home | Articoli | Interviste | Recensioni | News | Links | Chi siamo | Rock Not Roll | Live | FTC | MySpace | Born Again |