Quasi
tutti quelli che iniziano ad ascoltare gli Hawkwind partono da dischi
memorabili come Hall Of The Mountain King, Warrior On The Edge Of
Time, oppure da In Search Of Space o Space Ritual e via discorrendo,
le pietre miliari della band più spaziale della storia del
rock, io invece, quando ancora non li conoscevo, che amavo spulciare
nei negozi di dischi e mi ero specializzato a far passare in pochi
minuti pacchi enormi di Lp, molto spesso mi basavo sul mio intuito
per le scelte e quella volta mi capitò in mano proprio questo
disco dalla copertina argentata e molto misteriosa, lo acquistai a
scatola chiusa insieme ad uno di Zappacosta (tutt’altro genere,
ma bello anche quello) e fu amore al primo ascolto. Un disco a cui
sono molto affezionato ancora oggi.
Era il 1982, in quell’anno la band di freakettoni inglesi aveva
già pubblicato altri due album, il primo capitolo della raccolta
di inediti Friend and Relatives e il più commerciale Choose
Your Masque (con la scritta che utilizzava gli stessi caratteri del
famoso logo degli Iron Maiden), ma questo disco recupera in pieno
tutto lo spirito sperimentale della band, infatti il moniker usato
era proprio Church Of Hawkwind, per sottolineare un percorso diverso.
Siamo negli anni ’80, quindi c’è molta elettronica,
che del resto non è mai mancata nel loro sound, qui però
sono minori le atmosfere heavy ed è proprio questa ricerca
di atmosfere surreali che rende spettacolare questo album.
“Angel Voices” ci catapulta subito in un’atmosfera
da film di fantascienza, con le sue voci effettate che sembrano generate
da computer, mentre “Nuclear Drive” ci fa rivivere le
tipiche vertigini del gruppo, con quelle chitarre in piena libertà
e i riffs ripetuti in modo ossessivo. Molto penetrante “Star
Cannibal”, con un coretto martellante e dei giri armonici a
spirale, space rock at his best. Ma ciascuno dei dodici brani andrebbe
citato per la capacità di suscitare emozioni, non c’è
un brano brutto o riempitivo. Il disco è diviso in due parti,
col vecchio Lp questo era molto evidente, ma la cosa è stata
ricreata anche su cd, la prima manco a farlo apposta si chiama “Space”,
mentre la seconda “Fate”, bello l’artwork molto
curato del booklet. Questa ristampa è corredata dall’aggiunta
di ben cinque bonus tracks inedite, che ci aiutano a continuare il
viaggio galattico. Per la cronaca esiste anche un’altra ristampa
con cinque bonus track diverse, anche musicalmente, da quelle proposte
in questa versione.
Questo disco rimane nella discografia di questa band come uno degli
episodi più felici e riusciti, quasi una via di mezzo fra il
rock tipico del gruppo e le visioni cosmiche della scuola tedesca
capitanata da Klaus Schulze, un viaggio oltre i confini del mondo
conosciuto. GB
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