Rock Impressions

HUGHES TURNER PROJECT + DOMAIN + KELLY SIMONZ
Live a Pontoglio (BS)
di Giancarlo Bolther

Dopo anni di amara e sofferta attesa, finalmente Mr "The Voice of Rock" ha toccato l'italia con il tour a fianco di Joe Lynn Turner e io non potevo perdermi questo evento.

A supporto dei due leoni del british rock si esibiscono due gruppi pressoché sconosciuti. I primi a salire sul palco sono i giapponesi Blind Faith, band del chitarrista Kelly Simonz, che si sta facendo notare per la sua tecnica mostruosa, davvero molto simile a quella di Malmsteen, tanto che viene considerato un suo clone. Il trio nipponico da prova di grandi doti tecniche e il repertorio spazia con naturalezza dal metal neoclassico al blues. Veramente notevoli, con una sezione ritmica coinvolgente. Anche se nessuno oggi sente il bisogno di un nuovo guitar hero non è detto che in futuro Kelly non sia in grado di far parlare ancora di se.

A seguire salgono i tedeschi Domain, formatisi sulle ceneri di una gloriosa band tedesca degli anni settanta: gli Epitaph. Incisero il primo disco a nome Kingdom, ma cambieranno subito il nome in Domain per non essere confusi con i Kingdom Come, ma oggi (con mia grande delusione) del vecchio gruppo è rimasto solo il secondo chitarrista. Il loro pomp metal, molto epico, è particolarmente divertente e si sente che l'audience si scalda. Il chitarrista Axel Ritt sfodera un look anni ottanta devastante e i suoi solos sono molto azzeccati: se non arriva alla tecnica del giapponese lo supera col cuore, mentre il vocalist dimostra grandi doti sia come interprete che come frontman raccogliendo con facilità i consensi del pubblico. Il gruppo è soprattutto divertente e la platea ringrazia la band con un'accoglienza calorosa.

Ora però è il momento dell'esibizione che tutti stavano attendendo con ansia palpabile e quando i cinque musicisti salgono sul palco vengono accolti da un vero boato. Glenn si occupa personalmente del basso e sfodera una grinta insospettabile, un vero trascinatore, che pompa sullo strumento in modo irresistibile. "Devil's Road" è la prima traccia, poi inizia un viaggio della memoria che parte dai Deep Purple, passa per i Rainbow e ritorna all'ultimo disco in studio degli HTP. La scaletta è più o meno identica a quella del CD live appena uscito, con una vera sorpresa: l'esecuzione ad alto tasso nostalgico di "Seventh Star". L'apice dell'esibizione è senza dubbio "Mistreated", con il chitarrista JJ Marsh che suona come Blackmore e Hughes che incanta la platea con la sua interpretazione sofferta e inarrivabile. Gli altri musicisti sono Joakim Svalberg alle tastiere, penalizzato da un pessimo suono e il dinamico Thomas Broman alla batteria, mentre anche Turner imbraccia la chitarra in vari brani.

Fra Glenn e Joe non c'è rivalità, il primo funziona meglio nelle parti alte e il secondo in quelle basse, ma i due sul palco si muovono da grandi amici lanciandosi a vicenda e scherzando volentieri. Uno spettacolo imperdibile, forse un po' troppo legato al passato, ma che fa un gran bene al cuore. GB

Recensioni: HTP 1; Live in Tokyo

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