Se siete fans del Prog e vi faccio alcuni nomi, sono sicuro che vi
diranno qualcosa: Big Big Train, Kino, Enid. Cosa hanno in comune
queste grandi band New Prog? L’ex batterista Steve Hughes. Nomi
altisonanti, gruppi che hanno dato molto alla causa e ancora stanno
facendo, con uno stile che equilibra la melodia con la tecnica. La
formula canzone è presente, mai dimenticata nelle composizioni,
così Steve Hughes al riguardo ha una notevole esperienza.
Ad un anno di distanza dal debutto solista dal titolo “Tales
From The Silent Ocean”, torna con un nuovo concept, “Once
We Were-Part One”. Trattasi di un viaggio nel tempo, fra passato,
presente e futuro, fra amore, morte, dolore, famiglie spezzate e guerra.
Argomentazioni forti per testi forti, dove l’autore si getta
a capofitto in una lunga apnea sonora. Hughes canta e suona tutti
gli strumenti, ma sa circondarsi anche di importanti special guest,
come Dec Burke dei Frost alla chitarra, Alex Tsentides degli Enid
al basso,e poi Keith Winter alla chitarra, Angie Hughes e Katja Piel
alla voce.
Un racconto importante non può che iniziare in maniera altrettanto
significativa, ossia con una suite di trentatré minuti, altrimenti
non saremmo nel Prog, ecco dunque “The Summer Soldier”
a fugare immediatamente ogni dubbio sull’operato inciso. L’ascolto
è consigliato con in mano il libretto di accompagnamento al
cd con tanto di testi e disegni di Jim Trainer. Le tastiere ricoprono
un ruolo importante, ci si riscontrano influenze oltre che delle band
citate, anche di gruppi come IQ.
Ritmi sostenuti si alternano a brevi e fugaci assolo, come quello
di tastiere o chitarra, mentre il cantato è al centro della
composizione. Nella suite la musica si articola con naturalezza, quasi
una conseguenza stessa del suo incedere, come quando gli artisti si
lasciano prendere la mano e si lasciano andare. Personalmente apprezzo
maggiormente i solo di chitarra ariosi misti fra Pink Floyd e Genesis,
come il New Prog ha saputo elargire nel tempo. Non esulano interventi
di ritmica elettronica a spezzare l’ascolto. Nel proseguo Hughes
approccia al concept con un intento più popolare se mi concedete
il termine. Dopo una scorpacciata sonora si passa alla formula canzone
e alle melodie orecchiabili, come nella fragile e malinconica “A
New Light”. Molto bella “For Jay”, così “Kettering
Road”, un mix fra IQ e Marillion, il tutto elaborato con l’accresciuta
cultura musicale di oggi, dettata dalla personalità di Hughes
che dimostra si di aver fatto tesoro della storia, ma anche di saperla
elaborare. Brevi interventi di piano e tastiere in “Propaganda
Part1”, mentre per chi vi scrive uno dei momenti migliori del
disco sono “That Could’ve Been Us” e la conclusiva
“Saigo Ni Moichido”, giusto equilibrio fra armonie e Prog.
Il merito di “Once We Were-Part One” è quello di
non esasperare l’ascoltatore con inutili orpelli, si bada al
sodo, Hughes gioca molto sul lato emotivo dell’ascolto, lasciando
spazio all’immaginazione di chi ascolta la descrizione musicale.
Un film da ascoltare.
In due anni il batterista propone due album di buona fattura, ora
non resta che attendere la parte due di “Once We Were”
e visto i ritmi sostenuti di produzione, non credo poi accadrà
chissà fra quando. MS
Altre recensioni: Once We Were Part.2
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