Id
Guinness è un artista canadese e mi piace definirlo un cantautore
del Progressive Rock. E’ artefice di differenti collaborazioni
con altri musicisti fra cui menzioniamo i The Wyrd Sisters.
Con una cover d’ effetto, molto artistica, ID si presenta a
noi con un disco fresco e delicato, proprio come il disegno che lo
rappresenta. Una musica apparentemente commerciale, in effetti molto
orecchiabile, come l’iniziale “Rising River”, ma
dalle inattese sfumature che ci raccontano fasti dei tempi che furono.
Id si avvale di numerosi musicisti per questo viaggio sonoro, da Curtis
De Bray alla chitarra, Pat Steward alla batteria, Lesile Harris ai
cori e tantissimi altri.
Ci sono Programming di suoni computerizzati che non invadono l’ascolto,
ma che lo rendono a tratti più moderno e comunque ben inseriti
nel contesto. Chi ama il Progressive Rock classico gia avrà
storto il naso, ma questo è solo un fatto sporadico , non presente
in tutto il cd. “The One That Got Away” si presenta con
un riff di violino alla “Eleanor Rigby” dei Beatles, band
sicuramente ascoltata dal nostro artista. Delicata e di classe, si
sostiene soprattutto nel momento centrale con un assolo di chitarra
davvero bello come i Pink Floyd ci insegnano.
“Jade Garden” è meno elettrica e la voce di Id
ci narra una storia più intimistica, un suono tenue quasi color
pastello che si alterna ad un ritornello in stile AOR. Non si passa
per labirinti sonori, si bada al sodo, colpendo immediatamente l’attenzione
di chi ascolta. Questo in verità è tutto il live motiv
del disco, altro esempio del genere è “ I Have Seen The
Future”, nuovamente si vanno a toccare le corde dei sentimenti.
Una musica che a volte può avere un parallelismo con quella
di un altro cantautore del Prog, Phideaux, vincitore tra l’altro
nei Progawards come migliore artista straniero del 2007. Altro riferimento,
se vogliamo dare altri paletti di confine, lo vedo in Guy Manning,
ma quello meno articolato e più diretto.
Infatti se andiamo ad ascoltare “Down To This” sembra
proprio il sunto di quanto citato sino ad ora. Ancora suoni programmati
e moderni in “Cure For The Common Crush”, e sempre note
delicate, come in tutto il proseguo dell’ascolto.
“Cure For The Common Crush” non è dunque un disco
che si ricorderà negli annali come un capolavoro del genere,
piuttosto come un disco ben presentato, ben eseguito e dalle bellissime
melodie che, sono sicuro, piaceranno a molti di voi. Non lasciatevi
spaventare dal fatto che è un cantautore del Prog, perché
spesso e volentieri le cose più belle si trovano nella semplicità.
La vita ce lo insegna e Id Guinness ce lo riporta in musica. MS
Altre recensioni: Soul Envy |