Per
chi non lo sapesse abbiamo fra le mani il quinto album in studio di
una delle poche formazioni superstiti del neo prog di terra d'Albione.
Il quartetto è composto da due IQ: il tastierista Martin Orford
e il bassista John Jowitt, a cui si aggiungono il chitarrista Gary
Chandler leader del gruppo e il batterista Steve Christey, una formazione
che si ricompatta dopo alcuni anni di pausa.
La storia dei Jadis comunque viaggia in parallelo a quella degli IQ,
tanto che molti li nominano insieme, ma le due formazioni a parte
gli evidenti punti di contatto hanno identità precise. Il prog
dei Jadis riflette la crisi che il genere soffre in patria: gran belle
melodie in bilico fra un pop molto impegnato è un prog di scuola
settantiana, musica con una malinconia sottile che privilegia sempre
la musica sulle abilità tecniche dei musicisti, il tutto condito
da un'incapacità di fondo di trovare strade nuove, nuove forme
espressive come, invece, stanno facendo i gruppi svedesi che battono
nettamente ai punti quelli d'oltre manica. Nonostante questo Fanatic
è tutt'altro che un brutto disco, non è innovativo,
ma resta una classe di fondo che non mancherà di piacere agli
amanti del prog melodico.
L'album parte molto bene con "The Great Outside", un brano
dinamico dall'impianto hard rock, con dei tempi molto azzeccati, ma
già dalla successiva "Into Temptation" le atmosfere
tendono a placarsi, pur restando nei confini di un prog vivace. "Each
Everyday" è una ballata morbida, ben suonata e personale,
anche se non dice molto. Da questo punto il livello del disco si ferma
e con la traccia "Fanatic" si sfiora il plagio dei Pink
Floyd, mentre trovo piuttosto insulsi momenti come "Youself Alone".
L'ultimo momento degno di nota è "Take These Words",
con dei bei suoni di chitarra.
Un album che verrà presto dimenticato nel vasto panorama prog.
GB
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