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            breve distanza dalla pubblicazione del live, ritroviamo il trio composto 
            da Robben Ford alla chitarra, Jimmy Haslip al basso e Vinnie Colaiuta 
            alla batteria con il loro secondo album in studio.
 Della mia profonda ammirazione per Ford ne ho già parlato in 
            occasione del live, uno dei migliori chitarristi in circolazione, 
            i suoi compagni d'avventura sono prestigiosi musicisti che non sfigurano 
            al fianco di Robben. Un trio così non può fare altro 
            che scintille.
 
 Non conosco il loro album d'esordio, ma nella bio leggo che hanno 
            voluto indurire i suoni ed in effetti il gruppo è molto più 
            hard rocking rispetto al live dello scorso anno. La chitarra sferzante 
            di Ford ci aggredisce fin dall'iniziale "Colonel Panic", 
            fusion e hard rock si fondono in un sound molto coinvolgente vagamente 
            Cream, grandi virtuosismi e grande godimento. "Chi Town" 
            ci riporta ad atmosfere blues che ricordano certi Allman Bros e si 
            avvicina al precedente repertorio del gruppo. "Move On" 
            è un brano intimista e raffinato che smorza la tensione iniziale 
            e sulla stessa scia viaggia la parte iniziale di "Hidden Treasure", 
            che però presenta una sezione ritmica più vivace e ha 
            un finale in gran crescendo, grazie anche al contributo di Larry Goldings 
            all'hammond. Il rock sanguigno torna prepotente in "Time is a 
            Magazine", che ricorda a tratti certe intemperanze dei King Crimson 
            era Red. "Mezzanine Blues" non è il classico bluesettone, 
            anzi è classica fusion con dei virtuosismi molto godibili. 
            "Blues Alley", invece è proprio puro blues, quello 
            lento e sofferto, il vero blues, assolutamente ineccepibile. Il blues 
            continua a scorrere copioso negli oltre tredici minuti di "It's 
            Nobody's Fault But Mine", che è blues anche nel titolo, 
            e come guest c'è il maestro Robert Cray che oltre a suonare 
            canta, per gli amanti del genere c'è di che gioire alla grande, 
            ascoltare per credere. "Tangled Up" chiude con il trio che 
            si sprigiona in un rock blue emozionale ed energico, degna conclusione 
            per questo album sopra le righe.
 
 Forse i Jing Chi suonano musica per un pubblico piuttosto maturo, 
            ma di certo suonano un gran bene ed è un vero peccato non ascoltarli. 
            GB
 
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