Ci sono delle reunion che lasciano indifferenti o che risultano fastidiose,
perché esplicitamente basate su interessi commerciali, altre
reunion, invece, scaldano il cuore e non solo dei fans. I Journey
hanno inizito l'avventura discografica nel '75 per interromperla dieci
anni dopo, in quel decennio sono diventati uno dei più importanti
act di hard rock americano ed è veramente un gioia poterli
ritrovare.
Ai tempi d'oro riempivano le arene, mentre oggi questo genere è,
ironicamente, diventato underground, pertanto non si può davvero
parlare di soldi dietro questa operazione, ma di cuore e di passione.
Escludendo il periodo Bad English, in pratica la band era composta
per metà da ex Journey e metà ex Babys, la vera reunion
avviene nel nuovo millenio con la realizzazione di Arrival, l'undicesimo
disco in studio. Le cose però non sono andate bene perché
il disco ha sofferto il colpo della diffusione anticipata su Napster
e così la band ha deciso di realizzare in proprio questo Ep
di quattro brani.
I nuovi Journey sono composti da Neal Schon (chitarra), Jonathan Cain
(tastiere), Ross Valory (basso), Deen Castronovo (batteria) e Steve
Augeri (voce) che, per ironia della sorte, ad inizio carriera con
i Tall Stories, era stato criticato per avere una timbrica troppo
simile a quella di Steve Perry, il precedente vocalist dei Journey.
Ma il sound di questo dischetto non ha molto in comune con i classici
melodici come "Don't Stop Believing", siamo sempre in ambito
hard americano sfavillante e suonato in modo impeccabile, solo con
un maggiore senso drammatico, più intenso e talvolta anche
più ruvido.
L'intro non è particolarmente interessante, sembra preso dalle
sperimentazioni ambient di Schon, penso a Late Night, mentre il primo
brano "State Of Grace" mantiene quello che promette: la
band irrompe a suon di watt, con un incedere granitico della sezione
ritmica. Le scintille continuano nella rabbiosa "The Time",
i nuovi Journey sono sul piede di guerra e lo dimostrano. La ballad
"Walking Away From the Edge" è molto sofferta e Schon
fa un gran lavoro, dimostrando di essere sempre un chitarrista geniale.
"I Can Breathe" chiude il CD, un brano roccioso dove Augeri
da il meglio di sé e il "solito" Neal sfodera un
altro solo sublime. Bentornati! GB
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