Nordeuropei 
            seguaci di Anglagard, Anekdoten e Landberk, dei quali ripercorrono 
            le atmosfere sognanti e le complicate asimmetrie. 
             
            Musica sofferta e sempre in tensione, spesso ipnotica e talvolta esaltante 
            all'insegna di un prog chiaramente legato a King Crimson prima maniera 
            e Van Deer Graaf Generator. 
             
            Continuatori di una splendida tradizione e non sterili seguaci, mettono 
            l'abilità tecnica sempre al servizio della melodia e i virtuosismi 
            non sono mai usati per mettere in evidenza questo o quel musicista, 
            segno anche di un buon affiatamento e di una notevole modestia. 
             
            Sette lunghi brani con alcuni intermezzi molto ben congegnati e tutti 
            degni di essere menzionati come la malinconica e onirica "Lost 
            Years" col suo incedere sinfonico molto narrativo. "18" 
            è un brano irrequieto e nervoso, con continue accelerazioni 
            e rallentamenti ritmici, su un morbido tappeto di tastiere e di violoncello. 
            "Mother of Existence" aggiunge grande poesia agli elementi 
            già espressi con uno splendido cantato. 
             
            Un disco splendido nella migliore tradizione del prog nordico. GB 
             
            Altre recensioni: A Giant's Lullaby  |