I genovesi Latte e Miele, storica formazione del prog tricolore, debuttarono
nel 1972 con questa rock opera basata sulla passione di Gesù
secondo il Vangelo di Matteo, inserendosi nel filone della musica
ispirata a temi religiosi. Su impulso del Concilio Vaticano II ha
preso il largo una lunga serie di esperimenti di musica pop e rock
a sfondo cristiano, uno dei vertici di questo filone è stato
il musical Jesus Christ Superstar, che ancora oggi viene replicato
sui palchi di tutto il mondo e che è uscito nel 1970, circa
un paio di anni prima del presente lavoro. Fra polemiche infinite,
consensi entusiastici e critiche feroci, il movimento rock cristiano,
nato con la prima messa beat nella seconda metà degli anni
’60, ha via via assunto connotati sempre più decisi e
conta centinaia di formazioni in piena attività.
Non si può dire che i Latte e Miele abbiamo di fatto aderito
a questo movimento, casomai si possono annoverare in qualche modo
tra i precursori. Quello che è doveroso sottolineare è
che questo disco è uno dei primi esempi di musica rock a sfondo
religioso che presenta un impegno compositivo degno di questo nome,
in particolare credo di poter dire che si tratta del primo album di
“prog cristiano”. In precedenza nel panorama italiano
il rock e pop cristiano si è espresso in esperimenti musicalmente
poco profondi, con testi che spesso miravano più a “far
cantare” che non a “far pensare”, questo disco invece
ha costituito una svolta significativa. Oggi anche il prog di matrice
cristiana conta numerosi artisti, con Neal Morse in testa, ma questi
temi sono molto ricchi e ridurli allo spazio di una breve recensione
è davvero poco, speriamo di poterli approfondire meglio in
un'altra occasione.
Oggi, grazie al lavoro straordinario della Black Widow, che insieme
a tante giovani proposte, ha rilanciato anche tante formazioni storiche
(Delirium, Gleemen), possiamo riassaporare quest’opera in una
veste tutta nuova, arricchita di molti brani e con la formazione originale
al completo. Tra l’altro non manca l’intervento di alcuni
nomi importanti a rendere più ricco il lavoro, mi piace ricordare
Giorgio D’Adamo dei New Trolls, Aldo De Scalzi e Paolo Griguolo
dei Picchio Dal Pozzo, Lino Vairetti degli Osanna, Roberto Tiranti,
Sophya Baccini, Elisa Montaldo, ma l’elenco completo è
lungo. Quindi questa non è una mera ristampa con bonus tracks,
ma un vero e proprio rifacimento con nuovi arrangiamenti e nuovi pezzi.
Come in ogni opera rock che si rispetti non manca un brano di apertura
e così si parte con “Introduzione”, dove tra melodie
teatrali ed un incedere epico si viene proiettati nella scena, un
brano strumentale musicalmente ineccepibile, una partenza in grande
stile. Una voce narrante fa da collegamento e spiega una parte della
storia, si avvicina la Pasqua e Gesù cena per l’ultima
volta coi suoi discepoli, alle voci narranti si alternano alcuni dei
nomi già citati. La struttura dei brani diventa sinfonica con
l’apoteosi raggiunta dalle parti strumentali di “Ultima
Cena”, da questo punto si viene coinvolti dalla storia, ottimamente
supportata dalle musiche, e come catturati in una spirale si passa
attraverso l’incredulità dei discepoli, il tradimento
di Giuda e la condanna delle autorità sacerdotali. Il mix di
parti cantate e recitate, di melodie sognanti e di impennate coinvolgenti,
fanno di quest’opera qualcosa di veramente riuscito. Uno dei
momenti più emozionanti del disco è sicuramente la “Toccata
Per Organo”, uno dei pochi pezzi originali ripresi dal disco
del ’72, il brano che con grande efficacia sottolinea tutto
il dramma della condanna definitiva di Gesù. Poi si arriva
al Calvario, con i soldati che gettano la sorte sulle vesti del Messia,
e si può leggere una critica aspra nei confronti del male del
gioco d’azzardo, che ancora oggi miete molte vittime. Infine
la morte e la Resurrezione appena accennata. Molti sono i momenti
degni di nota, ma ovviamente si tratta di un lavoro da considerare
nel suo insieme. Tutti gli aspetti sono molto curati, le parti strumentali
sono superlative, i Latte E Miele non hanno nulla da invidiare a tanti
colleghi stranieri e ci mostrano con giusto orgoglio quanto noi italiani
siamo bravi. Dal punto di vista teologico il lavoro è molto
fedele al testo evangelico, gli adattamenti sono funzionali alle partiture
musicali e non ci sono interpretazioni libere o discostanti. Una gran
bella opera rock tutta da riscoprire.
In chiusura mi piace far notare che il disco è stato dedicato
a don Andrea Gallo, un prete scomodo, ma anche un prete senza compromessi,
che ha portato avanti la sua vocazione con una coerenza davvero ammirevole,
di quelle che fanno sperare nella speranza. GB
Intervista: 2014
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