Avevo
ascoltato il demo (l’album del 2005) di questi musicisti e devo
dire che mi fecero sì una buona impressione, ma inizialmente
mi erano sembrati uno dei tanti gruppi che si dedica al prog, con
un’attenzione eccessiva al lato tecnico, vagamente sulla scia
dei gruppi americani. Nonostante questo sono stato contento di vedere
che sono arrivati ad ottenere un contratto e ad uscire con un album
vero e proprio. Bene, Tetragram è un disco che mi ha colto
di sorpresa, non mi aspettavo un’evoluzione così spiccata!
Già guardando alla scaletta del cd ci si rende conto che non
si tratta della solita raccolta di canzoni, perché Tetragram
è un concept con quattro suites (ognuna composta da quattro
brani) dedicate ai quattro elementi: terra, acqua, aria e fuoco, e
sei canzoni per un totale di ventidue traccie. Una ricchezza che si
traduce in un sound corposo e molto variegato di difficile catalogazione.
Ovviamente siamo nel campo del prog, ma senza limitazioni, c’è
del metal moderno, ma ci sono anche momenti più classici legati
ai grandi degli anni ’70, altri ancora sono vicini anche al
new prog, insomma è una bella prova di carattere quella fornita
dai quattro musicisti responsabili del progetto “senza nome”.
I punti di forza di quest’album sorprendente sono la ricchezza
compositiva e la fluidità delle composizioni, due caratteristiche
che combinate insieme fanno di Tetragram un album davvero riuscito,
di quelli che si ascoltano sempre volentieri.
Da quando la band si è formata non ci sono stati troppi cambiamenti,
al comando ci sono sempre il chitarrista e cantante Francesco Panico
e il tastierista Larsen Premoli, al basso troviamo Federico Ghioni
e alla batteria è tornato il batterista Deneb Buccella (che
era uscito per alcuni anni dalla band). La band, nata all’inizio
del nuovo millenio, è cresciuta facendo il percorso tipico
di ogni gruppo con covers, collaborazioni (ho scoperto che hanno suonato
anche con l’inossidabile Enrico Ruggeri!) e tanti concerti.
Adesso con questo album mi aspetto il salto di qualità. Certo
non è facile imporre in Italia un sound ricercato e soprattutto
col cantato in inglese, ma spero almeno che si possa muovere qualcosa
a livello internazionale. I Looking 4 A Name sono un gruppo di cui
andare fieri e che meritano l’attenzione dei grandi, provare
per credere. GB
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