Rock Impressions

Magellan - Innocent God MAGELLAN - Innocent God
Musea
Distribuzione italiana: Frontiers
Genere: Prog Metal
Support: CD - 2008

I Magellan negli anni ’90 hanno guidato la rinascita del prog, anche se gli amanti del prog non hanno mai amato questa particolare band americana, dimostrando una certa ingratitudine, anche se, per la verità, il gruppo capitanato dai fratelli Trent e Wayne Gardner ha dato alle stampe una serie di dischi piuttosto discontinui, alcuni ripetitivi e quindi facilmente criticabili. Era il tempo in cui la band era accasata alla Magna Carta, una label che purtroppo nel tempo ha perso la sua forza propulsiva. Poi i nostri si sono accasati a sorpresa alla instancabile Inside Out per un paio di dischi, ma ecco a sorpresa un altro inatteso cambio di label, lasciata anche la patinata label tedesca ritroviamo i Magellan con la storica Musea. Da notare che al fianco dei fratelli ritroviamo Robert Berry, un artista che a me è sempre piaciuto molto e che ha già lavorato con Trent in particolare nei tre dischi di Jack Foster III.

In effetti questo nuovo capitolo della saga dei Magellan non offre spunti particolarmente innovativi, anzi il disco prosegue con il cammino oscuro e metallico intrapreso nei due lavori editi con la Inside Out, tenendo conto inoltre che ritroviamo anche tutti gli elementi classici del gruppo americano. Innocento God apre con l’ariosa e sinfonica “Invisible Bright Man”, bei passaggi epici di tastiere con i cori sempre molto musicali. Non male “My Warrior” che nasconde influenze jazz in un tessuto magniloquente con grandi giri di tastiere e le solite splendide armonie vocali. Molto bella la title track, visionaria e solare, in controtendenza con l’artwork e col resto del disco. “Found” presenta una delle migliori prove di armonizzazioni vocali del gruppo, saranno anche ripetitivi, ma brani come questo sono una vera gioia per le orecchie. “Who to Believe” è una ballata per pianoforte che ricorda un po’ la musicalità di Elthon John, carina. “Sea of Details” è uno strumentale barocco, teatrale e molto oscuro, che ricorda certe cose di Nolan. L’album si conclude con la metallica e trascinante “Slow Burn”, che ha in sottofondo un bel giro di tastiere e le sempre ficcanti armonie vocali.

Innocent God non è un brutto disco, anzi direi che i Magellan sembrano aver avuto un sussulto d’orgoglio, ma non credo che questo album porterà nuovi fan alla band. Comunque sia i fratelli Gardner hanno tirato fuori le unghie dimostrando di essere ancora capaci di fare musica interessante. GB


Altre recensioni: Symphony For A Misanthrope; Impossible Figures

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