I
Magellan negli anni ’90 hanno guidato la rinascita del prog,
anche se gli amanti del prog non hanno mai amato questa particolare
band americana, dimostrando una certa ingratitudine, anche se, per
la verità, il gruppo capitanato dai fratelli Trent e Wayne
Gardner ha dato alle stampe una serie di dischi piuttosto discontinui,
alcuni ripetitivi e quindi facilmente criticabili. Era il tempo in
cui la band era accasata alla Magna Carta, una label che purtroppo
nel tempo ha perso la sua forza propulsiva. Poi i nostri si sono accasati
a sorpresa alla instancabile Inside Out per un paio di dischi, ma
ecco a sorpresa un altro inatteso cambio di label, lasciata anche
la patinata label tedesca ritroviamo i Magellan con la storica Musea.
Da notare che al fianco dei fratelli ritroviamo Robert Berry, un artista
che a me è sempre piaciuto molto e che ha già lavorato
con Trent in particolare nei tre dischi di Jack Foster III.
In effetti questo nuovo capitolo della saga dei Magellan non offre
spunti particolarmente innovativi, anzi il disco prosegue con il cammino
oscuro e metallico intrapreso nei due lavori editi con la Inside Out,
tenendo conto inoltre che ritroviamo anche tutti gli elementi classici
del gruppo americano. Innocento God apre con l’ariosa e sinfonica
“Invisible Bright Man”, bei passaggi epici di tastiere
con i cori sempre molto musicali. Non male “My Warrior”
che nasconde influenze jazz in un tessuto magniloquente con grandi
giri di tastiere e le solite splendide armonie vocali. Molto bella
la title track, visionaria e solare, in controtendenza con l’artwork
e col resto del disco. “Found” presenta una delle migliori
prove di armonizzazioni vocali del gruppo, saranno anche ripetitivi,
ma brani come questo sono una vera gioia per le orecchie. “Who
to Believe” è una ballata per pianoforte che ricorda
un po’ la musicalità di Elthon John, carina. “Sea
of Details” è uno strumentale barocco, teatrale e molto
oscuro, che ricorda certe cose di Nolan. L’album si conclude
con la metallica e trascinante “Slow Burn”, che ha in
sottofondo un bel giro di tastiere e le sempre ficcanti armonie vocali.
Innocent God non è un brutto disco, anzi direi che i Magellan
sembrano aver avuto un sussulto d’orgoglio, ma non credo che
questo album porterà nuovi fan alla band. Comunque sia i fratelli
Gardner hanno tirato fuori le unghie dimostrando di essere ancora
capaci di fare musica interessante. GB
Altre recensioni: Symphony For A Misanthrope;
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