I
gothic metallers Mandrake sono giunti al quarto album, ma non hanno
raggiunto la popolarità di altre formazioni e questo nonostante
la loro formula sia tutt’altro che disprezzabile. In effetti
non hanno quel sound elettrizzante di acts come Nightwish, Tristania
e compagnia, ma sono ugualmente personali e interessanti.
La loro diversità emerge fin dall’iniziale title track,
il riffing è nervoso e il cantato è costruito su delle
belle linee melodiche. “Crystal of Forgiveness” è
un po’ più anonima e evidenzia il lato debole del gruppo,
ma ecco che la successiva “Fragile” recupera con il suo
andamento rallentato ed emozionante. Anche “Forgiven”
non è male, ci sono ancora delle buone melodie piuttosto malinconiche.
In “Adore” possiamo ascoltare una buona prova della singer,
anche se è un brano meno originale dei precedenti. “Masquerade”
è uno dei momenti più ruffiani, ma non è poi
così male. “Sweet Desolation” è un altro
episodio vagamente anonimo, fa parte di quel gruppo di canzoni che
abbassano la media dell’album oscurando le cose buone. Meglio
l’energia di “Moments”, che presenta anche delle
soluzioni armoniche intriganti. Decisamente discreta anche “Breathe”
che alterna un buon riffing a parti più melodiche e teatrali.
“Solace”, pur avendo un buon tiro, è decisamente
scontata. Dei tre brani di chiusura solo l’ultima lenta ballata
“Paralyzed” merita una menzione, anche se i giochi ormai
sono fatti.
I Mandrake difficilmente emergeranno dal calderone gothic metal con
un album come questo, pieno di buone intenzioni, ma con poca carne
al fuoco. Non si tratta affatto di un brutto disco, ma per colpire
al cuore l’ascoltatore ci vuole altro. GB
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