Ci sono voluti quattro anni ai Modest Midget di Lionel “Lonny”
Ziblat per dare un seguito all’ottimo debutto del 2010 ed ecco
finalmente fra le nostre mani questo Crysis. Fondamentalmente il progetto
è ancora strettamente nelle mani di Lonny, che ha composto
la quasi totalità dei brani presenti nel cd. Lo stile è
sempre un mix di psichedelia e avantgarde in chiave prog, un mix di
Barrett, Zappa e Ayers in chiave moderna, perché questo è
il pregio del progetto, riferirsi ai modelli citati, ma con un sound
attuale e personale.
Il disco si apre con un’intro atmosferica, ma è “A
Centurion’s Itchy Belly” che ci mostra le qualità
di Ziblat e compagni, una piece scanzonata a tratti circense, comunque
non priva di parti interessanti, tra lo space rock e la psichedelia,
su cui si innestano queste follie visionarie di buona fattura. L’attacco
di “Rocky Valleys of Dawn” fa pensare alla surf music,
poi tutto diventa un rock ‘n’ roll stralunato. “Praise
the Day” è una piacevole ballata rallentata dal sapore
malinconico, a dimostrazione della versatilità del songwriting
del nostro. “Now That We’re Here” è uno degli
episodi più stralunati e strampalati del disco, quasi alla
Gong, ma funziona. Come avrete capito c’è una grande
varietà di situazioni e ogni brano ha una propria fisionomia
e questa caratteristica attraversa tutto il cd. Strana “Periscope
Down”, mi ricorda il primo Joe Jackson. Inizialmente è
impossibile riconoscere “(Oh) Pretty Woman”, il classico
di Orbison, che Lonny stravolge e accelera, divertente. Se volete
una dimostrazione di cosa è capace questo artista allora dovete
ascoltare “Flight of the Cockroach”, la risposta rock
al più famoso calabrone. “Secret Lies” ha un’impostazione
molto drammatica, quasi come certe canzoni d’amore degli anni
50-60, ottimo l’assolo, poi nel finale il brano cambia, l’atmosfera
diventa misterica e quasi gotica. Bella la melodia retrò di
“Gone Is” Ziblat è davero capace di composizioni
molto piacevoli. Interessante la title track, una piece dal sapore
teatrale. Buona anche la conclusiva “Birth”, anche se
le idee migliori sono già state espresse.
Disco visionario, ma non troppo, a volte ho avuto l’impressione
che Lonny abbia tenuto il freno della fantasia un po’ tirato,
comunque c’è stato sotto un gran lavoro e si sente, il
risultato complessivo è decisamente gradevole e il disco si
lascia ascoltare molto bene. GB
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