Se
la tecnica fosse vino Vinnie sarebbe un cliente fisso dei centri di
disintossicazione. Nelle sue vene scorre una forza selvaggia, che
lo porta ad esprimere un chitarrismo aggressivo e forte, una carica
vitale incontenibile, ma Moore è un camaleonte della sei corde
e si dimostra capace anche di momenti romantici e poetici come nel
brano "House With a Thousand Rooms" o in "Equinox".
Talvolta scimmiotta Santana in "If I Could", più
spesso Blackmore e Malmsteen come nel brano guida "Defying Gravity"
o in "Awaken the Madman". Un comprimario, un imitatore,
un rivale, un artista in cerca d'identità? Vinnie non deve
dimostrare niente a nessuno e questo CD ne è l'ennesima conferma,
ma temo che pochi, oltre ai maniaci della chitarra, possano essere
interessati all'acquisto di questo disco, che non aggiunge nulla a
quanto altri hanno già saputo esprimere.
Tecnica, virtuosismo e passione sono gli ingredienti di Defying Gravity,
un disco molto vario e ricco di situazioni suggestive, ascoltate "In
the Blink of an Eye" per gustare tutta l'espressività
di questo guitar hero. Ma resta il fatto che ci troviamo per le mani
un album strumentale dove la chitarra la fa da padrona e i prestigiosi
session men di turno, Dave Larue al basso, Steve Smith alla batteria
(che ha brillato di più sul recente solo di MacAlpine) e David
Rosenthal alle tastiere, non aggiungono molto oltre al loro superbo
virtuosismo.
Un buon disco di chitarra, niente di più, ma anche niente di
meno. GB
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