Greve, malefico e tagliente il quinto disco degli inglesi My Silent 
            Wake, senza contare gli ep oppure i dvd. Il combo si immerge in un 
            pozzo sonoro nero come la pece, dove la voce maligna di Ian Arkley 
            narra di terribili vicende al confine dello spirituale.  
            La distorsione sonora caracolla stancamente su un ritmo cadenzato 
            fra il Doom ed il Death Metal, mentre l’umore di chi ascolta 
            si scarnifica dolorosamente dalla realtà. Il malessere ed il 
            disagio prosegue con “Death Becomes Us”, il ritmo cresce 
            (per modo di dire) in “Bleak Endless Winter”, le chitarre 
            gridano la rabbia in un lamento tagliente sopra un riff sanguigno. 
             
            E’ notte, sempre più notte fra le note e la voce femminile 
            di Kate Hamilton fa scorrere brividi sulla pelle. Questo freddo se 
            è quello della morte, vuol dire che i My Silent Wake la conoscono 
            personalmente, tanto la sanno trattare. Pure la qualità sonora 
            mostra un suono appiccicoso, torbido, che non fa altro che rendere 
            tutto ancora più inquietante. Un attimo di pausa supportato 
            da voce pulita e non in Growl in “Father”, ma è 
            una piccola scheggia di lucidità che passa immediatamente. 
            Un canto quasi ecclesiastico sopra un Doom spietato. La tecnica strumentale 
            non è certamente eccelsa, ma i My Silent Wake ovviamente puntano 
            tutto sulla sensazione che i propri strumenti sanno elargire. 
             
            “My Silent Wake” è figlia malata dei Black Sabbath, 
            la successiva “Between Wake And Sleep” in confronto è 
            una tarantella. L’epiteto finale del cd invece ha il nome di 
            “Journey’s End”, una bordata di adrenalina vomitata 
            dagli strumenti di Andi Lee (Basso), Jasen Whyte (batteria) e Kate 
            Hamilton (tastiere-violoncello) oltre che da quella del gia citato 
            Ian Arkley (chitarre). 
             
            Il Doom è questo, così si suona e lo si vive, senza 
            restrizioni. Può piacere o non piacere, questo non si discute, 
            ma non si discute neppure la bravura di questa band, che vive la musica 
            in maniera profonda e spirituale. Se ci aggiungiamo poi un velo di 
            Gothic, allora tutto ha un fascino ancora più particolare. 
            Gli amanti delle tenebre sono avvisati. Attenzione però, non 
            stiamo parlando di un must. MS 
             
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