Il disco di debutto di questo trio di Brooklin è già
nella storia dello stoner, uno dei lavori più originali e interessanti
di questo movimento musicale degli ultimi anni. Oggi i Naam tornano
con questo Ep di soli cinque brani ed esplorano nuovi territori musicali
rispetto al disco d’esordio.
The Ballad of the Starchild è molto più psichedelico
e space rock, il primo brano “Sentry of Skies” si apre
con un arpeggio acustico di chitarra molto delicato, poi entra un
cantato spiritato, che sembra uscire da un’altra dimensione,
quasi si trattasse di un folk rock stralunato, poi un crescendo ci
porta ad una danza dal sapore tribale, che sa di terra e di riti ancestrali,
un’apertura di spessore. “Lands Unknown” è
molto più psichedelica e space, la lezione dei maestri Hawkwind
viene riletta secondo il personale stile di questi musicisti, la chitarra
verso il finale diventa molto acida e lascia impressionati per la
forza espressiva che fuoriesce. “History’s Son”
attacca con un ritmo vagamente tribale e con dei suoni che richiamano
il sitar e l’oriente. Ma la vera traccia space rock è
“The Starchild”, che provocherà un vero tuffo al
cuore di tutti gli appassionati di questo grande genere musicale,
che in questi anni sta vivendo un revival piuttosto interessante.
Il brano è ricco e strutturato, ci sono tutti gli elementi
del genere e soprattutto c’è una grande padronanza della
materia da parte del trio americano. Ma è quasi una suite di
oltre dieci minuti e condensarla in queste poche righe è compito
ingrato. Finale onirico e metafisico con la liquida “Exit Theme”,
sembra quasi un’altra band, ma invece è tutto splendidamente
coerente.
Certo un Ep non è molto, ma spesso meglio dire poche cose,
ma dette bene e i Naam hanno fatto un piccolo gioiello di musica rock,
una evoluzione dello stoner verso uno space rock psichedelico di grande
suggestione. Bravi! GB
Live Report: 2011
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