La storica label Minotauro, dopo aver accolto in scuderia il poderoso
trio americano Ogre, ha iniziato a ristampare i vecchi album e ovviamente
si parte dal primo capitolo della loro saga. Dawn of the Proto Man
ha visto la luce nel 2003, nella presente versione vengono aggiunte
tre bonus tracks registrate in precedenza, una inedita. Il disco ha
visto una lunga gestazione, circa tre anni di prove e registrazioni,
per arrivare pazientemente alla stesura finale. Le influenze del gruppo
sono diverse, su tutti i Black Sabbath ovviamente, ma anche Pentagram
e Saint Vitus. Ottima e curatissima la ristampa della Minotauro, che
ha sempre dedicato un meticoloso lavoro per rendere veramente interessanti
le proprie uscite.
Un basso vorticoso e veramente doom apre “Ogre”, suoni
saturi e desertici, la band si mette subito in cattedra per ribadire
la propria appartenenza al genere. La registrazione è leggermente
lo-fi, la batteria non è proprio registrata all’altezza
del sound, però la botta è forte. “Colossus”
è aperta da un riff che sembra un tributo ai Black Sabbath
o al Paul Chain più metal, un atto d’amore verso i nomi
citati. Però il finale heavy psichedelico è fenomenale.
“78” resta sempre in tema con un riff incalzante e sporchissimo,
chi ama il genere proverà brividi freddi. Il basso pompa come
un treno, la batteria corre con una precisione spietata e la chitarra
si lancia in un doom metal liberatorio. “The Jaded Beast”
è un brano diviso in due parti, la struttura è epica
e leggermente prog, con una tensione drammatica molto riuscita, sicuramente
uno dei momenti migliori del disco. La seconda parte è strumentale
e rappresenta il lato più prog del gruppo. Con “Skeletonized”
si torna al puro heavy doom, la band non mostra nessun cedimento e
viaggia sicura. Lo stesso vale per l’heavy psichedelico di “Suicide
Ride”. “Black Death” è un’altra suite
divisa in due parti, emerge ancora il lato più teatrale e drammatico
della band, il contesto è più dark e misterico, ma sempre
molto epico, insieme al precedente mostra la vera forza compositiva
di questi musicisti.
Delle tre bonus track solo una è inedita, le altre due sono
versioni precedenti di “The Jaded Beast” e “Black
Death”, proprio i due brani migliori del disco, la prima non
è molto diversa da quella edita, un po’ più ruvida,
ma comunque fascinosa, la seconda è molto più dark e
si avvicina molto a “Black Sabbath”, per questo credo
il gruppo ha deciso di personalizzarla di più nella versione
finale. “Colonizer” si rifà al lato più
psichedelico del quartetto inglese da cui ha preso le mosse, dando
vita ad un blues oscuro di grande fascino.
Gli Ogre sono un gruppo da culto che merita di essere scoperto e riscoperto,
una vera manna per tutti gli amanti dell’heavy doom. GB
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