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Il duo Finlandese Kimi Karki e Jarl Pohjonen ritorna all'attenzione
del pubblico specializzato grazie a questo nuovo "The Tree Of
Life" con caparbietà e consapevolezza dei propri mezzi.
I racconti di H.P. Lovecraft, nel loro orrore, ispirano da sempre
questa band dedita ad un Prog a cavallo fra vintage ed attualità.
Chi ama le tastiere Mellotron ed Hammond , con gli Orne hanno di che
ascoltare, mentre le influenze sonore vanno a ricondurre verso band
storiche quali Van Der Graaf Generator, Pink Floyd (non gli ultimi,
ma quelli più psichedelici), Black Sabbath o gli oscuri e mai
troppo valutati High Tide.
Come nella nuova copertina del cd, così nella precedente, le
argomentazioni sono palesi, fra divino e peccato ed Eva è li
a tentare con la propria bellezza su consiglio del viscido serpente.
Il quadro è di Spencer Stanhope. Però i veri tentatori
sono gli Orne, i quali ci conducono in un mondo racchiuso in una bolla
anacronistica nella quale si respira un aria pura, con immagini di
situazioni vissute, rassicuranti per certi versi, ma allo stesso tempo
inquietanti per trame oscure. Sette composizioni per cinquanta minuti
di estraniazione dalla realtà, perchè questa non è
musica da ascoltare in auto o in radio, bensì con attenzione
e concentrazione.
Un lungo prologo narrato introduce la breve iniziale "Angel Eyes",
dalla quale le carte in tavola vengono immediatamente scoperte e la
melodia regna sovrana. Tutto questo porta alla bellissima suite "The
Temple Of The Worm", dove l'arpeggio iniziale tende a far chiudere
lo sguardo, perchè con questa musica gli occhi non servono
più.
Non si inventano nulla gli Orne, hanno solamente la grande capacità
di metabolizzare tutta la lezione degli anni '70 e di riplasmare il
tutto con discreta personalità.
E' fuori discussione che chi non ama le gelide atmosfere nordiche,
avrà qualche difficoltà nell'assimilare questo lavoro,
ma è innegabile il talento del duo, a questo si deve dare atto.
"The Tree Of Life" prosegue in crescendo emotivo con i sette
minuti di "The Return Of The Sorcerer", dove il Prog è
più presente così i Van Der Graaf Generator. Inevitabili
i deja vu, cosa da poco se le melodie sanno tessere importanti tappeti
sonori.
"Don't Look Now" è notevole, mentre l'Hammond ci
investe nel vigoroso finale.
Gli Orne non hanno grande tecnica, quindi giocano tutto sulle melodie
semplici e toccanti nel corso del proseguo, tra arpeggi e cambi di
tempo. Quindi possiamo dire che gli Orne fanno ancora un passo in
avanti qualitativamente parlando, anche se non apportano nulla di
nuovo a questo panorama musicale.
Fossi in voi amanti del Progressive Rock, cercherei questo disco che
sicuramente non sfigura nella vostra invidiabile bacheca. MS
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