Gli svedesi Pantokrator giungono al debut-CD con un’opera dalle
tinte fosche, che unisce il doom metal al death metal, con ritmiche
ossessive e pesanti (che vogliono sottolineare il male che alligna
nell’animo umano) ad accelerazioni veloci e furenti.
Il fulcro di ‘Blood’ è proprio insito nel male
che l’uomo ha fatto e continua a fare ai propri simili e la
persona in copertina infatti fissa attonita le proprie mani sporche
del sangue versato.
L’album è ben registrato e ci presenta un gruppo che,
dopo tre o quattro release, ha raggiunto una buona maturità
artistica. Il sound è veramente pesante e non è consigliato
a tutti. La voce di Karl Walfridsson è in un perenne growl
profondo e gutturale che non concede tregua ad un minimo di rilassatezza
melodica; sulla distanza questo stile sembra un po’ troppo ripetitivo.
I musicisti sono anche più che degni e spesso si lanciano in
repentini cambi di tempo, come nell’ottima fast track intitolata
‘Syndafloden’ o nella successiva, thrashy ‘Bundsforvant’.
Il CD viene impreziosito da inserimenti oculati di violino (operati
da Jonas Wallinder) e di parti cantate della brava Marie Bernstsson.
Un plauso a parte va fatto per il bravo batterista, che sfoggia una
buonissima tecnica. Purtroppo il difetto maggiore di ‘Blood’
è insito nella formula musicale descritta; questo doom-death
diventa alla lunga un po’ ripetitivo e noioso. Dobbiamo aspettare
la traccia numero sette, ossia ‘Tidevarv’, per ascoltare
un bell’inserto di violino, che rimane di sfondo per tutto il
resto della canzone. Ancora interessante e coinvolgente risulta l’ultimo
brano, arricchito a parti di chitarra acustica, ossia ‘Evighetens
Gryning’.
Nel complesso ‘Blood’ è un buon album, con ottime
idee, ma non convince del tutto. LC
Contatti: song_of_audun@hotmail.com
Intervista (solo in inglese)
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