Rock Impressions
 

PARADISE LOST

Omicidi satanici fra paure, sospetti, prove e dubbi.

Siamo nella periferia americana, la zona è priva di attrattive di qualsiasi tipo, gente che vive, o forse sarebbe meglio dire sopravvive, nel susseguirsi di giorni sempre uguali, sempre dello stesso grigio colore, storie di degrado, di solitudine, di ignoranza, che mostrano il lato debole di quella che vorrebbe spacciarsi per la cultura occidentale più evoluta, modello da esportare, ma che nessuno sembra davvero volere. Personaggi normali dai retroscena squallidi, forze dell’ordine incapaci di svolgere il proprio dovere, famiglie disgregate, religiosità distorte, assenza di veri valori e violenza che si nasconde dietro il paravento di una normalità malata.

In questo ordinario contesto sociale nel 1993, nei pressi di West Memphis in Arkansas, vengono ritrovati i cadaveri di tre bambini orribilmente assassinati e il caso diventa celebre come omicidio rituale di stampo satanico col nome West Memphis Three, che si riferisce ai tre ragazzi accusati di aver commesso questi efferati delitti per eseguire un rito satanico, due dei quali all’epoca del delitto erano pure loro minorenni: Jessie Misskelley (17 anni), Jason Baldwin (16 anni) e Damien Echols (18 anni). Come è facile immaginare il caso ha fatto velocemente presa sull’audience ed è diventato il più famoso caso americano di omicidio, ma ben presto ha varcato anche i confini nazionali, così come è recentemente successo anche nel nostro paese per gli omicidi attribuiti alle Bestie di Satana. Facile immaginare il dolore, la rabbia, la frustrazione, le paure, le ansie di un sobborgo abbandonato a se stesso nella monotonia di una vita senza prospettive. Storie di periferia, storie dal colore indefinito, storie di vita che superano l’immaginazione di gente abituata a ritmi lenti e all’anonimato, ma sono storie che fanno paura e che risvegliano le coscienze.

Le indagini si svolgono in un clima pesantissimo di caccia alle streghe, nascono storie e leggende su riti efferati e sulle presunte pratiche compiute dai tre seguaci del demonio, si racconta di sacrifici di animali e i tre per l’opinione pubblica sono già considerati colpevoli ancora prima che il processo abbia inizio. In tutto questo torbido contesto i mass media hanno giocato un ruolo fondamentale nel pilotare l’opinione pubblica gonfiando ad arte un clima di “satanic panic”, che inevitabilmente ha avuto ripercussioni pesanti sull’esito finale del processo.

Questi avvenimenti sono documentati in questi due filmati, che oggi arrivano anche in Italia in versione dvd, mentre un terzo è in lavorazione, ma addirittura si parla già di un quarto capitolo conclusivo, questo per sottolineare quanto il caso sia sentito. I registi presentano la storia cercando di essere imparziali, asettici e non vogliono rispondere ai dubbi, ma vogliono dare la possibilità ad ogni spettatore di farsi la propria opinione sul caso, basandosi solo su dati concreti e non su dei “sentito dire”. Infatti il primo documentario “Paradise Lost the Child Murders at Robin Hood Hills” mostra spezzoni dei primi processi e mette in evidenza i punti neri nelle indagini. Fa scalpore al punto che il caso viene riaperto e viene documentato nel successivo “Revelations Paradise Lost 2”. Per la cronaca i registi di questi documentari Joe Berlinger e Bruce Sinofky sono gli stessi di “Some Kind of Monster” dei Metallica e, siccome i tre ragazzi condannati sono fans dei Metallica, la colonna sonora presenta vari brani della famosa band americana.
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Paradise Lost the Child Murders at Robin Hood Hills

Il primo filmato parte dal ritrovamento dei corpi dei poveri fanciulli, con tanto di immagini che non lasciano spazio alla fantasia: la morte è stata violenta e brutale e ci viene mostrata in tutta la sua raccapricciante durezza con sprezzante e crudele freddezza, i piccoli non sono stati “solo” uccisi, sono stati seviziati e mutilati, l’orrore è senza parole, una visione che è dolorosa anche per chi non è coinvolto affettivamente. La scena del delitto è un corso d’acqua in un sottobosco fangoso, i cadaveri ripescati dal fiumiciattolo hanno perso qualsiasi traccia, l’acqua ha “lavato” via ogni indizio che potesse ricondurre ai veri colpevoli. Però non ci sono elementi concreti che facciano pensare alla celebrazione di rituali particolari e soprattutto nel luogo del ritrovamento non ci sono tracce ematiche rilevanti, il che fa presupporre, con una buona probabilità, che gli omicidi siano stati compiuti in un altro posto. Ma di questo nessuno se ne preoccuperà durante il processo.

Le indagini convergono su un giovane minorenne, un ragazzo che mostra un QI (quoziente di intelligenza) pari a 72 cioè piuttosto basso (in termini scientifici viene definito come “ritardato”), Jessie Misskelley. Jessie viene preso dalla polizia e, a seguito di un controverso interrogatorio che dura dodici ore, di cui si possono ascoltare alcuni passaggi degli ultimi 45 minuti (gli unici registrati su supporto magnetico dagli investigatori), confessa di aver partecipato indirettamente all’omicidio dei tre bambini accusando due amici di essere i veri responsabili. Per la polizia non ci sono più dubbi, è fatta, il caso è risolto. Ma la sua confessione è piena di contraddizioni, l’omicidio è stato commesso di notte e lui dice che era mezzogiorno (momento in cui i bambini erano ancora al sicuro a scuola) e la procedura non solo non ha rispettato le regole, ma non ha tenuto nemmeno conto del suo basso QI. Si sente con chiarezza che chi interrogava suggeriva spesso le risposte all’imputato (prassi coercitiva), che, confuso e spaventato, con tutta probabilità ha solo cercato il modo di uscire da quell’incubo durato dodici ore il più velocemente possibile, confermando quello che gli ispettori volevano sentirsi dire. La notte del triplice delitto è la notte di Beltane, che corrisponde ad una data “festeggiata” dai satanisti (e anche dai pagani) e il teste fa riferimento a pratiche sataniche, basta e avanza per far crescere il caso a dismisura. Ne seguono indagini sommarie e piene di errori (ad esempio sono state smarrite delle traccie ematiche molto sospette), il caso andava chiuso in fretta e bisognava riportare il più velocemente possibile la normalità al suo quotidiano tran tran fatto di toni di grigio. In fondo a chi interessa veramente il destino dei tre presunti colpevoli, il destino di tre ragazzi metallari che vestivano di nero e che vivevano in disparte dagli altri?

Il documentario mostra spezzoni del processo, interviste alle forze dell’ordine, ai genitori delle vittime, agli imputati e ai loro familiari, tutti personaggi anonimi che mettono solo tristezza, addirittura il patrigno di una delle vittime, John Mark Byers, mostra particolare interesse per le telecamere, ha un carattere sanguigno e risulta antipatico fin dal primo istante. È violento, fa dichiarazioni di pessimo gusto condendo discutibili citazioni bibliche dal sapore apocalittico con proclami carichi di odio e veemenza che ben poco hanno di religioso, ma è una figura sconvolta dal dramma che gli è caduto addosso e suscita anche una certa compassione. Ama sparare ed è un appassionato di coltelli, sicuramente una figura molto ambigua che verrà approfondita anche nel secondo documentario.

Anche il maggiore dei tre imputati è sfuggente e misterioso, dichiara di aver praticato la religione Wicca (per dirla in parole semplici è una specie di magia bianca che adora la madre terra e fa riferimento alle energie elementari della natura). Legge volentieri libri di Anton LaVey (fondatore della Chiesa di Satana), smetisce di essere un seguace di Aleister Crowley, ma trovano dei suoi appunti, scritti con un alfabeto segreto in prigionia, dove lui cita direttamente Crowley, fa dichiarazioni discutibili, ma che potrebbero anche essere dettate più dalla sua giovane età che non da reali convinzioni. Ma quello che si avverte durante tutto il filmato, come un’ombra o una macchia, è che il fattore che più fa impressione sull’opinione degli accusatori sia lo stile di vita di questi ragazzi: metallari, capelloni e sempre vestiti di nero, vorrà pure dire qualcosa no?

Il verdetto conferma tutte le teorie dell’accusa e i tre ragazzi sono condannati col massimo della pena: carcere a vita senza condizionale per i due minorenni e pena di morte per l’unico maggiorenne.

Revelations - Paradise Lost 2

Il primo capitolo è un successo e mobilita l’opinione pubblica, tanto che si costituisce un’organizzazione di volontari che cercano di stabilire la vertà sul caso, convinti che i tre ragazzi incarcerati siano stati processati in modo sommario e senza il rispetto dei diritti civili. Il caso viene riesaminato sulla base dei dubbi insinuati dall’esame delle procedure. Per Damien Echols si riapre la speranza e la condanna a morte viene sospesa.

Questa volta però la troupe che gira il documentario non è ammessa in aula e il processo si svolge a porte chiuse, comunque il filmato continua a battere sulle poche prove e sui tanti dubbi. I genitori di due delle vittime non vogliono più comparire, mentre John Mark Byers continua a mostrarsi con il suo solito e discutibile repertorio, ma questa volta al suo fianco non c’è più la moglie e madre naturale della vittima: è morta in casa, mentre il marito dormiva, in circostanze misteriose che fino ad oggi non sono ancora state chiarite, alimentando dubbi e sospetti. Si scopre che entrambe sono stati drogati e che hanno avuto vari problemi con la giustizia quali furti ed emissione di assegni falsi, la madre faceva abuso di medicinali e il patrigno ammette di aver consumato droghe, inoltre ha preso parte ad un violento pestaggio fra minori, impedendo agli adulti di separare i due bambini. John confessa anche di essere affetto da un grave tumore al cervello e soffre di crisi di vario genere. I vicini di casa non lo sopportano per il suo carattere violento ed è costretto più volte a trasferisi. Ma anche il figliastro aveva un passato problematico, era un bambino con dei gravi problemi comportamentali e per questo veniva picchiato e castigato dai genitori e guarda caso è il più seviziato dei tre bambini uccisi. Altri dubbi, altre ombre, orrore che si aggiunge all’orrore.

Un quadro sempre più fosco e intricato che subisce una svolta quando il Byers decide di sottoporsi alla macchina della verità per fugare i dubbi generati dalla sua condotta sempre più deplorevole. Questo esame con la macchina della verità viene svelato poco a poco durante la visione del filmato e si crea una forte suspance sul suo risultato (che non vi voglio svelare per non rovinarvi la sorpresa). Ma il sapore di tutto questo è amaro come il fiele, è un piatto indigesto, che si consuma con esasperante lentezza, non mi riferisco al ritmo del documentario, ma alla penosa successione dei fatti che procurano una profonda tristezza.

La difesa viene portata avanti da un avvocato ossessionato dal caso al punto da rinunciare al suo compenso, daltra parte le famiglie coinvolte non hanno i soldi per pagare gli avvocati e viene chiamato un nuovo criminologo che dalle raccapriccianti foto dei corpi martoriati, mostrate senza censure, rileva immediatamente la presenza di evidenti ferite da morsi (umani), tracce del tutto trascurate nella prima indagine. Per chi non lo sapesse, per le indagini, il calco di un’impronta dentale vale tanto quanto quello di un’impronta digitale. Basta dimostrare che la dentatura non corrisponde a nessuno dei tre imputati per far crollare tutto il castello accusatorio. Il perito odontoiatra presentato dalla difesa conferma che nessuno dei tre imputati presenta un calco corrispondente ai segni rilevati sul povero cadavere, ma l’accusa afferma che i segni provenivano da colpi di una fibbia di una cintura e vengono creduti. Ma senza voler svelare tutti i particolari, vi dirò soltanto che alla fine il giudice conferma ancora una volta il verdetto di condanna e la speranza per Damien è sempre più fievole.

Il caso non è ancora del tutto concluso e si attendono nuovi sviluppi, la macchina della giustizia è particolarmente lenta anche nella progredita America, ma sembra molto probabile che sarà molto difficile se non impossibile salvare la vita di Damien.

Satana e il rock, una difficile convivenza

Quante volte abbiamo sentito associare Satana al rock e all’Heavy Metal in particolare? Si scrivono libri, si fanno speciali TV, si fanno inchieste giornalistiche e ci sono perfino delle commissioni di inchiesta che indagano e studiano questo fenomeno. Ma il fenomeno è reale? È veramente pericoloso? Qual è la sua portata?

Molte di queste domande sono in parte senza risposta, perché è difficile, se non impossibile, entrare nel privato delle persone e capire fino a che punto queste cose siano connesse, ma non c’è dubbio che una relazione esiste. Il satanesimo è una realtà, che piaccia o meno, e il culto del demonio annovera un certo numero di adepti che è difficile stimare proprio perché si entra in una sfera molto privata. Il fatto è che ognuno può credere a ciò che vuole e molte persone conducono un rapporto estremamente privato con le proprie convinzioni morali e spirituali. Ma negare che ci siano gruppi musicali che professano il satanesimo sarebbe come negare l’esistenza stessa del rock.

Satana per il rock è per la maggiore un simbolo di ribellione, è il “cacciato dal Paradiso” che diventa “simpatico” in quanto reietto, una condizione psicologica in cui si riconoscono molti ragazzi, soprattutto nel periodo dell’adolescenza, che si sentono esclusi, quando non incompatibili, con l’attuale società consumistica, sempre più priva di valori e di modelli veri. In questo senso il rock è la manifestazione del disagio giovanile, valvola di sfogo e sintomo del malessere al tempo stesso, un malessere che ultimamente si è sempre più amplificato. Ma il diavolo funziona benissimo anche come marketing perché al fianco di chi ci crede c’è una lunga serie di persone che usano il diavolo per vendere. Il diavolo ha un’immagine dirompente, che catalizza le grandi energie degli adolescenti che non chiedono altro che di esplodere in tutta la loro vitalità e spesso il “nero” è una scelta molto più facile del “bianco”, perché oggi come oggi anche il bianco sembra più un tenue “grigio”.

Ma limitare un fenomeno complesso come il rock in queste poche righe è comunque una grossa semplificazione. Poi c’è il rock che adora il diavolo apertamente, ci sono gruppi come i Christian Death, i Danzig o King Diamond e buona parte dei gruppi di black metal, che non fanno mistero del loro satanismo, ma da questa attitudine al passare a pratiche pericolose per l’ordine sociale c’è un certo divario. Comunque è un fatto che in una città come Roma spariscono centianaia di gatti randagi, che vengono spesso ritrovati uccisi e orrendamente mutilati in rituali sal sapore sulfureo. Oppure come dimenticare che nel nord Europa sono state incendiate delle chiese da dei seguaci di gruppi black metal.

Che poi il satanesimo giustifichi i sacrifici è risaputo, del resto ogni religione ha i suoi sacrifici e quelli degli animali erano molto comuni nei culti pagani antecenti al cristianesimo e il satanesimo si ispira spesso a questi culti. Anzi ancora più diffusi dei culti satanici sono proprio i nuovi culti pagani che stanno alla base di una certa rinascita culturale delle identità popolari (vedi il neoceltismo). Il sangue è un simbolo molto potente anche nel cristianesimo e così lo è per i culti pagani e satanici, ma mentre nel cristianesimo il sangue è stato sublimato nel vino versato durante le celebrazioni, nei culti pagani e satanici c’è ancora bisogno di sangue vero. Aleister Crowley, unanimamente considerato come il padre del satanismo moderno, in realtà era un pagano convinto e non credeva in Satana in quanto emanazione del cristianesimo, che lui rifiutava categoricamente. Paganesimo e satanesimo sono due realtà dai confini molto labili, tanto che è facile trovare persone che passano dall’una all’altra realtà con una certa disinvoltura.

Pertanto è lecito supporre che chi pratica culti pagani o satanici pratichi anche sacrifici. Ma è il rock la causa di tutto questo? L’ascolto di certa musica induce veramente le persone a seguire culti satanici? Questa connessione non è mai stata dimostrata e sono convinto che non può esserlo. Primo perché i dischi, con o senza messaggi subliminali, non sono in grado di manipolare la volontà delle persone, questo è scientificamente provato, e secondo non credo nemmeno alla possibilità che il disco possa agire su basi magiche, non perché io neghi l’esistenza della magia, ma perché credo che la volontà delle persone sia un bene molto difficile da alienare. Alla base dell’adesione di una persona ad un culto satanico ci stà sempre una scelta volontaria consapevole. È la stessa cosa per il cristianesimo, in quanto è vero che col battesimo si diventia cristiani, ma se non c’è una vera e profonda adesione personale a Cristo il credente sarà sempre un cristiano a metà. Con questo però non voglio negare che chi si nutre continuamente di un certo tipo di cultura non possa esserne influenzato più o meno consapevolmente, ma questo non porta a commettere azioni delittuose specifiche, sarebbe come se tutti gli appassionati di horror movies, a forza di vedere film raccapriccianti, dovessero diventare dei serial killers efferati. Grazie al cielo non funziona così.

Il problema di fondo è che un omicidio definito come rituale e satanico esercita un potere enorme sull’opinione pubblica, mentre un omicidio anonimo oggi non fa quasi più notizia. Vogliamo fare una statistica e vedere quanti omicidi sono stati commessi da presunti satanisti e quanti ne sono stati commessi da persone del tutto normali o addirittura da padri e madri, da coniugi traditi, da malviventi, da terroristi, da rapinatori inesperti e via di seguito? Che percentuale troveremmo? Certo la motivazione che spinge ad un omicidio pesa sulla portata dello stesso, ma una morte è sempre una morte e voglio comunque affermare che per il sottoscritto la morte anche di un solo individuo è troppo e che in questo frangente le categorie matematico statistiche sono di dubbia rilevanza. La nostra attenzione deve concentrarsi sui veri problemi se vogliamo fare in modo che le generazioni future siano almeno come quelle di oggi e non peggiori, altrimenti sprechiamo solo le nostre energie nelle tristemente famose cacce alle streghe.

Poi potremmo disquisire sulla validità della pena di morte: è giusta, è utile, è efficace? No, è profondamente ingiusta, perché è senza ritorno e se poi scopri di avere ucciso la persona sbagliata hai fatto un danno ancora più atroce del delitto che ha portato alla condanna. No, è profondamente inutile, perché nel diritto moderno la pena per un crimine dovrebbe sempre mirare al recupero alla società civile della persona che ha commesso il delitto e non vedo come la pena di morte possa essere in qualche modo correttiva. No, è profondamente priva di efficacia, perché statisticamente è dimostrato che non dissuade le persone dal commettere altri crimini. La pena di morte è profondamente sbagliata, perché in una società come quella occidentale, in particolare quella americana che professa con orgoglio le proprie radici cristiane, non dovrebbe esserci posto per la pena di morte che va categoricamente contro tutti gli insegnamenti cristiani contenuti nelle sacre scritture.

Pertanto se non si può negare che una certa parte del rock e il diavolo siano in certo rapporto di “simpatia”, non si può altresì affermare che il rock porti le persone ad adorare il diavolo o a commettere crimini. Inoltre credo che nessuno sia così ingenuo da pensare onestamente che tutti i satanisti siano dei metallari. Il problema ha una connotazione più vasta e delicata, personalmente sono convinto che siano sempre e soltanto delle questioni di natura personale che portino al satanismo o ad assumere comportamenti devianti, come incomprensioni, difficoltà familiari, economiche e sociali. Quasi tutte le persone coinvolte in omicidi rituali hanno mostrato scarsa cultura e, quando si esaminano i contesti sociali in cui vivono, si trovano sempre situazioni di disagio, famiglie con problemi, abusi di vario genere e miseria, tanta, profonda e opprimente miseria che può essere sia di natura economica che morale, ma che schiaccia gli individui portandoli ad un’esistenza quasi sempre infelice, umanamente povera e di cui tutti dovremmo sentirci in parte responsabili, in quanto possiamo deciderci a dare il nostro piccolo contributo per migliorare le cose con l’obbiettivo di costruire una società in cui tutti si sentano più realizzati.

L’avvocato del diavolo

Ma facciamo un’ipotesi terribile, i tre sono veramente colpevoli, hanno veramente compiuto un efferato omicidio rituale satanico, hanno versato del sangue umano innocente, il più potente dei sacrifici, per ottenere uno squallido scopo, ma se fosse tutto vero quale sarebbe la ricompensa promessa dal diavolo?

Un piccolo contributo


Di fronte ai problemi trattati in questo articolo non è strano, inverosimile o deplorevole che ci sia un certo distacco, in fondo sono cose in apparenza più grandi di noi, fatti che ci sovrastano con la loro ineluttabilità, ma se mi è consentito lanciare una piccola iniziativa voglio invitare ogni lettore, che non l’avesse già fatto, a sottoscrivere un appello contro la pena di morte.

Siti internet

www.wm3.org sito dell’organizzazione che difende i diritti dei tre giovani condannati e che cerca di dimostrare la loro innocenza.
www.warpfilms.com/paradiselost Sito dei film documentario.
www.nessunotocchicaino.it Nessuno Tocchi Caino, il sito che si batte contro la pena di morte dove è possibile firmare l’appello per l’abolizione della pena di morte.

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