Era dal 2007 che non incrociavo le gesta di questo chitarrista, che
nel frattempo non è certo rimasto con le mani ferme, oltre
ad una prolifica produzione solista ha aggiunto recentemente anche
il supergruppo Robo Sapiens. Poi ha ricevuto diversi riconoscimenti
per la sua bravura.
Can’t Please Everyone (mi piace questo titolo) è il quarto
album “cantato” e le note che accompagnano il disco dicono
che è più heavy e oscuro del precedente. L’avvio
è affidato alla delicata “Unborn”, uno strumentale
metà acustico e metà elettrico dove Milan mostra il
suo lato più “sensibile”, nessun virtuosismo fine
a se stesso ma una deliziosa parentesi prima che il gioco si faccia
serio. L’attacco roccioso di “Numb” mostra le reali
intenzioni dell’axeman, riff cattivi con un bel tiro della sezione
ritmica, dove le parti di basso sono suonate dallo stesso, solo in
due brani troviamo dei bassisti, mentre la batteria è affidata
a Dennis Leeflang. In “The Future is Now” al basso c’è
Billy Sheehan e il secondo assolo è di Ron Thal, un brano tirato,
con una bella linea melodica, quasi sabbathiana. Per certi aspetti
mi sembra un disco concepito negli anni ’80, con solide canzoni,
che non hanno paura di avere un appeal che potremmo definire radiofonico,
nel senso che sono pezzi sorretti da belle linee melodiche, ne è
un bell’esempio la title track. Heavy rock suonato con maestria
e con alcune idee che rendono l’album comunque attuale nel suo
complesso.
L’esuberanza di Polak colpisce ancora, senza dimenticare che
ogni tanto ha piazzato degli assoli ricercati e ben confezionati.
GB
Altre recensioni: Dreamscapes; Guitar
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Intervista
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