Rock Impressions

Rearth - For My Dreams I Fall REARTH - For My Dream I Fall + Pure and Simple
Selfproduced
Distribuzione italiana: -
Genere: Rock Italiano
Support: CD - 2013


Gli udinesi Rearth, nati dalla volontà del singer Simone Paoloni e del chitarrista Fabio Tomasino, pubblicano il loro primo album, dopo aver pubblicato un demo nel 2011 dal titolo Pure and Simple e che viene qui interamente riproposto come bonus. Con un passato in una band trash metal, l’intento dei due leader è di fare una musica ricca di influenze, dal prog al metal al flamenco.

Il disco si apre con la dura “Pain For Loss”, un brano cadenzato ai limiti del crossover, con alternanza di cantato growl e pulito, un po’ in inglese e un po’ in italiano, le parti ritmiche sono complesse e quelle melodiche ne seguono le trame, dando vita ad intrecci sonori intriganti, anche se manca un po’ di fluidità in certi passaggi. “Withered Rose” è da subito più melodica, generando uno stacco brusco col brano precedente, il cantato è abbastanza pulito e ci sono delle belle linee vocali, essendo un pezzo lunghetto ci sono momenti diversi, alcuni prog metal, altri onirici, bello il finale, nel complesso il brano funziona. Con la lunga “Senz’Alba” si fa un ulteriore passo avanti, entra il flamenco e l’avvio del pezzo è piuttosto poetico, il mix che si crea è piuttosto insolito, anche il cantato segue lo stile iniziale, poi il brano prende ritmo e parte una sezione più prog un po’ caotica, poi si cambia ancora, entra una sezione cantata dalla guest Sara Rainone, alcune idee sono molto suggestive, però non rendono bene, il lavoro di mixaggio potrebbe aver penalizzato gli sforzi fatti. Inoltre nel complesso il brano mi sembra un po’ troppo lungo. Il quarto e il quinto brano sono legati tra loro, si inizia con un arpeggio delicato di chitarra, che poi nel brano successivo viene sviluppato e si trasforma in un prog metal efficace. “Madre del Fato” è un altro brano molto lungo, con parti molto diverse tra loro, il gruppo ce la mette tutta per dar vita a soluzioni non banali, lo sforzo riesce in buona parte, anche se il risultato non è così fluido come sarebbe necessario. Da apprezzare anche l’utilizzo dell’italiano, inserito in modo più che buono nel tessuto sonoro. Un brano breve e delicato precede le intemperanze della conclusiva “The Ideology of God”, una forte dose di rabbia, alla band piace mescolare contrasti, questo però potrebbe spiazzare qualche ascoltatore, ma nel complesso non è un male.

I brani restanti sono quelli del demo e sono cinque, sono utili per familiarizzare con l’evoluzione del gruppo, che era molto più metal, in alcuni frangenti mi hanno ricordato i Metallica per il cantato maschile. Nel lotto spiccano la ricca “To My Faded Innocence” e le melodie sognanti della conclusiva “Here She Comes”, il resto mi ha colpito meno.
L’impegno che il gruppo ci ha messo è stato davvero tanto e si sente, il meccanismo è ancora da oliare, ma penso che la strada imboccata sia quella giusta. GB


Flash Forward Magazine

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