Ricordo negli anni ’80 ad Alessandria, la band Arcansiel che
ai “smarriti” fruitori del Prog italico, regalavano nuove
boccate di ossigeno per le orecchie. Era il periodo del New Prog,
sulla scia delle band inglesi come Marillion, IQ, Pendragon e Pallas,
il risorgere di un genere che in teoria è stato dato per morto
alla fine degli anni ’70. Questa è una vecchia storia,
una come poche altre, si perché grazie a band come Arcansiel
che in Italia sotto la cenere la brace è restata calda.
Sempre ad Alessandria dunque sorgono altre realtà, a testimonianza
che agli inizi degli anni ’90 la materia è ancora trattata.
Si formano i Roccaforte, certamente non derivativi degli Arcansiel,
intendiamoci, ma che comunque nutre la passione in comune per il New
Prog. Il gruppo composto da Daniele Malfatto (tastiere), Bruno Borello
(basso), William Lucino (voce), Roberto Raselli (batteria) e Fabio
Serra (chitarra), dimostra una predilezione per la formula canzone
e Pop, piuttosto che avventurarsi in astrusi movimenti articolati
o logorroici che siano.
Dopo la pubblicazione di tre ep come “Origine” (2012),
“Metamorfosi” (2012) e del recente “Evoluzione”,
tornano all’attenzione del pubblico con un disco che rivisita
molto del materiale edito in passato, salvo ascoltare l’inedito
“Avatar” proprio in apertura del cd. Quindi, i Roccaforte
partono dal Pop per poi addentrarsi in questo nuovo percorso sonoro
relegato a schegge di New Prog, in uno stile personale forgiato da
numerose esibizioni live catturate negli anni.
Ebbene questa “Avatar” ci mostra una band fresca, rodata,
con buone idee in fatto melodico e con adeguati arrangiamenti. Resta
facilmente in memoria la canzone, come se fosse sempre stata nel nostro
background mentale (Renga docet). Ma siamo ancora lontani dal New
Prog, esso arriva con “20mq di libertà” grazie
al giro di tastiere alla Marillion, pur restando sempre con i piedi
nel Pop. I testi cercano di raccontare storie personali e situazioni
psichiche, il tutto senza turbare troppo l’ascoltatore. Scorrevoli
e gradevoli, così come la bella voce di William. “Vetrina”
potrebbe nuovamente piacere ad un fans di Francesco Renga. Ottima
“Vai” , grazie si alla ritmica perfetta e vigorosa, ma
soprattutto per i solo centrali di tastiere e chitarra, oltre che
ad un ritornello a dir poco ruffiano. “L’Aquilone”
si apre narrato, per poi volare nella melodia che potrebbe essere
stata composta anche da Lucio Dalla, uno dei momenti più importanti
di “Sintesi”.
La forza dei Roccaforte risiede nel gusto arioso dei ritornelli, ma
anche negli arrangiamenti, come ho detto in precedenza ed il risultato
potrebbe interessare anche agli amanti di band come Negramaro.
Per potere ascoltare i Roccaforte più vigorosi, bisogna giungere
a “Giubbotto In Pelle Nera”. Altro brano degno di nota
è il conclusivo strumentale “Metamorfosi”, sulle
ali della chitarra elettrica di Serra, qui la band mostra il lato
più Progressivo di se.
In conclusione “Sintesi” è la muta della pelle
dei Roccaforte, un cambiamento che non stravolge troppo il loro modo
di essere, ma che lo migliora, lo presenta più professionale
ed adeguato ai tempi. Un disco consigliato a tutti coloro che amano
sonorità di artisti qui citati e che comunque si lasciano coccolare
da brani tranquillizzanti, a volte nel Rock c’è bisogno
anche di questo. MS
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