Rock Impressions

Rose Hill Drive - Moon Is the New Earth ROSE HILL DRIVE - Moon Is The New Earth
Megaforce Records
Distribuzione italiana: si
Genere: Hard Rock
Support: CD - 2008

Il power trio americano dei Rose Hill Drive si è fatto notare nel nostro paese per aver suonato come spalla agli Who nel tour del 2007, per una data funestata da un acquazzone dall’impeto tropicale. In quell’occasione il gruppo non mi aveva fatto un’impressione esagerata, col loro sound a metà strada fra i primi Blue Cheer, i Cream e gli Who più arrabbiati, un mix di hard rock selvaggio, psichedelia e blues viscerale, in realtà mi erano sembrati solo uno dei tanti gruppi nostalgici dei seventies. Oggi con questo nuovo album la band ha l’occasione di dimostrare il suo effettivo valore.

Devo dire subito che il disco parte bene con la Zeppeliniana “Sneak Out”, retta da un giro di blues acido, selvaggio al punto giusto, muscoli e sudore subito profusi con generosità. “Altar Junkie” sembra un omaggio a “I’m Free” degli Who, il riff sfiora quasi il plagio, ma in fondo penso più ad una sorta di tributo, che poi sfocia nella psichedelia. “Laughing in the Steets” è un classico hard rock blues che ricorda vagamente i Free. Si prosegue con una buona coerenza con “Trans Am”, il songwriting per la verità non si dimostra particolarmente interessante, ma è apprezzabile la capacità di questi ragazzi di aver saputo ricreare un sound settantiano credibile, anche se prodotto ai giorni nostri. Il gioco che piace all’inizio inizia un po’ a farsi ripetitivo e “A Better Way” non ha più l’effetto prodotto dai brani che l’hanno preceduta, il suo giro acido non centra il bersaglio, bello ma forse troppo poco immediato, ma merita un ascolto. “My Light” è un blues lento che mi ricorda vagamemte i T-Rex o i Mott the Hoople. La psichedelia torna prepotente col riff acido di “The 8th Wonder”, roba da far versare qualche lacrimuccia ai più nostalgici. “One Night Stand” per un attimo abbandona le intemperanze che l’hanno preceduta e gioca con giri acustici di buon impatto, un po’ ripetitiva però. “Godfather” torna all’energia primordiale e pulsante tanto cara al gruppo, ma non aggiunge niente a quanto già espresso. “Do You Wanna Get High?” è molto piacevole, giocata su un riff ondeggiante, un po’ acustico e un po’ elettrico e un ritmo che fa dondolare. “I'm on to You” è un bell’hard rock senza tanti fronzoli, ma con tanta sostanza. Gran finale con “Always Waiting” che chiude il disco calcando la mano sulla nostalgia e arrivano anche i fantasmi degli Spirit del compianto Randy California.

I Rose Hill Drive hanno imparato bene la lezione degli anni settanta e lo dimostrano con un disco molto piacevole da ascoltare, ma che non offre certo grandi sorprese. In fondo sembra proprio un disco nata dalla passione per certe sonorità, che oggi stanno tornando di moda (se così si può dire), un disco forse furbetto, ma che io credo abbastanza onesto, in fondo si rivolge ad un pubblico di nicchia e se son Rose fioriranno. GB

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