Ci sono dischi che “devono” uscire, nonostante tutto e
nonostante tutti, il polistrumentista e produttore Fabio Serra, attivo
da oltre venticinque anni come tecnico di studio, aveva ideato questo
progetto negli anni ’90 con il cantante romano Alex Brunori
(Leviathan), naufragato poi per motivi di distanza geografica, ma
le idee non sono morte in un cassetto e finalmente Fabio nel 2006
vi rimette mano con l’aiuto del batterista Gianni Brunelli,
del bassista Gianni Sabbioni, mentre come cantante troviamo Max Piubelli
dei Methodica. Vale la pena segnalare che altri amici hanno prestato
il loro contributo alla riuscita del disco, quali Cristiano Roversi
(Moongarden, Mangala Vallis) allo stick, Gabriele Amadei al violino,
Angela Merlin alla voce, Carlo Soliman al pianoforte e Luca Nardon
alle percussioni.
Vi chiederete forse perché ho messo tanto entusiasmo in apertura,
ma non è ancora il momento di svelarvi i segreti di questo
gioiello. In questo disco Serra ha messo tutto il suo amore per la
musica prog pomposa e sinfonica dando così vita ad un progetto
radicato nel periodo d’oro del prog, ma attento anche a tutto
quello che è venuto dopo, da una all’altra sponda dell’Atlantico,
ci sono quindi riferimenti agli Yes, ai Genesis, ai Kansas, agli Haken,
agli Angel, il sound è moderno eppure classico al tempo stesso.
Ma non è questo il punto, la cosa più importante è
che ascoltando questo album sono stato catturato dalla bellezza cristallina
delle composizioni. A partire dalla sontuosa ed epica “Signals
in the Water” si viene catapultati in una dimensione aliena,
tutti i musicisti coinvolti suonano in modo impeccabile e il sound
è particolarmente curato, il cantato in inglese risulta credibile
e gli arrangiamenti sono sempre azzeccati, a dirla tutta non sembra
nemmeno un disco italiano. “Sitting on the Edge of Heaven”
è aperta da un bel giro di chitarre dal sapore esotico, quasi
gitano, poi entra il violino di Amadei, tutto per preparare l’ingresso
della parte più dura ed epica, gli amanti della musica epica
faranno un balzo, ci sono dei riff impeccabili a cui fanno da contraltare
dei cori praticamente perfetti, con una parte che ricorda le armonicizzazioni
vocali di Gentle Giant e Haken, che brividi. “Conditioning”
è pomposa ed enfatica, lo stick di Roversi pompa a meraviglia
e tutto il brano possiede un tiro a cui è difficile resistere.
Ogni brano ha una propria identità, anche se tutti possiedono
le caratteristiche già descritte, si tratta di un disco che
non ha cedimenti o parti superflue, composto da sette tracce e tutte
sono calibrate con grande cura. Unica concessione “I Am the
Walrus” della premiata coppia Lennon McCartney, a ulteriore
testimonianza di quanto fossero avanti i baronetti. Chiude la suite
che dà il nome al disco, misura delle capacità di questo
artista e davvero dispiace che abbia dovuto aspettare tanto per dare
alle stampe questo prezioso cd.
Un plauso particolare va a chi ha creduto in questo progetto, dando
a Serra la possibilità di esprimere le proprie potenzialità
e a noi di poterne godere, questo è davvero un disco da non
lasciarsi scappare. GB
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