La buona musica ha sempre uno sciame di proseliti, cambiano i tempi,
evolvono le tecnologie, ma chissà come mai il Rock degli anni
’70 è sempre preso come punto di riferimento. Nel caso
dei tedeschi Seasons Of Time l’analisi si sposta anche agli
inizi degli anni ’80, con uno sguardo alla scena New Prog inglese.
Per essere più chiaro, i parametri in cui si adoperano vanno
dai Genesis ai Pink Floyd, fino ai Marillion.
La storia dei Seasons Of Time parte da lontano, inizia nel 1993 e
dopo alcuni cambi di line up, la band si stabilizza e riesce a produrre
il primo album dal titolo “Behind The Mirror” nel 1997.
Nel 2010 il gruppo subisce una grave scissione, il batterista ed il
tastierista abbandonano il gruppo, così Dirk Berger (basso,
tastiere e voce), ne prende le redini e ne prosegue il cammino, perlomeno
in studio. Assieme a Malte Twarloh (voce, chitarra, tastiere), Florian
Wenzel (chitarra) e Marco Gruhn (batteria), realizzano questo nuovo
album dal titolo “Closed Doors To Open Plains”. In effetti
è proprio vero, quando si chiude una porta a volte si aprono
immense distese.
Il disco si presenta molto bene, in una lussuosa confezione cartonata,
con all’interno il libretto avente i testi e le foto sempre
ad opera di Dirk Berger, qui coadiuvato da Kai Perkuhn. La registrazione
effettuata negli studi The Circle è discreta. Capeggia all’interno
una frase storica di Charlie Chaplin che dice: “L’avidità
ha avvelenato l’anima degli uomini”.
Venendo alla musica, i sedici brani si aprono con il consueto preludio,
qui dal titolo “An Overture In My Head”, frammento Psichedelico
cantato da uccelli. Si comincia con la potenza delle chitarre elettriche
in “Expectations 1”, per poi lasciare campo a voce e piano.
Immediatamente collegata (come tutto il resto del disco) “Someone”,
perché c’è sempre qualcuno che ha fatto qualcosa.
Le chitarre Hard si intersecano con le tastiere che ricordano molto
i passaggi dei Marillion, quando ancora Fish stupiva per teatralità.
La cosa ha ancora più rilevanza nella strumentale “Bite
The Bullet”, uno dei punti più interessanti dell’intero
lavoro, sicuramente sarà apprezzato da molti nostalgici. Da
Nostalgici a romantici in “Closing Doors”, sopra tastiere
che potrebbero ricordare anche i Supertramp. Quello che comunque si
evince nell’ascolto è la cura per le melodie, una necessità
più marcata della tecnica. La Psichedelia di tanto in tanto
fa capolino, così il suono Hard vicino al Metal. Una ritmica
semplice e cadenzata, comunque di potenza, si presenta in “Fuzz
& Buzz”, mentre le chitarre introducono la vigorosa “A
Step A Head Behind”, questo uno dei momenti più arrabbiati
dei Seasons Of Time. Davvero molti i cambi umorali nel percorso di
“Closed Doors To Open Plains”, di certo l’ascolto
ne giova in fluidità. Altro buono assolo di chitarra protagonista
lo si trova nella strumentale “The Station At The Border Of
The Mind”. La band in effetti riesce a comunicare meglio le
emozioni quando si esprime soltanto con gli strumenti, non perché
la voce non sia buona, solamente per un discorso di pathos, anche
perché quando suona il sound si avvicina soprattutto a quello
dei Pink Floyd. Nel disco ci sono anche due ospiti, Kelly Bell alla
voce e Pete Harrison al corno nella beatlesiana “There Are Times”.
Certamente in questo lavoro c’è molta carne al fuoco,
cibo per molte menti “Progressive” e questo fa onore sicuramente
all’attenta Progressive Promotion, ma soprattutto a questi artisti
che comunque mettono tutta la loro passione nella loro buona musica.
Non un must, ma sicuramente da ascoltare più volte senza problemi
di noia. MS
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