Quando si parla di band da culto il termine non potrebbe calzare meglio
che per questi Seth, un combo di cui è molto difficile trovare
informazioni. Nel cd sono tracciate le linee fondamentali del loro
percorso, che è partito nel 1974 e arriva fino ai giorni nostri.
Sono americani e sono sempre stati un trio. Partiti come cover band,
hanno poi sviluppato un proprio repertorio che troviamo raccolto in
questa edizione in doppio cd, superbamente curata dalla Minotauro.
Il leader è il cantante e chitarrista Gerard Stafford, attorno
a lui si sono avvicendati molti musicisti, di cui solo due vengono
immortalati in copertina, il batterista Domenic Martignetti e il bassista
Richard Santapaga.
Il lavoro è concepito come un’antologia che copre tutta
la produzione della band. Le prime tracce risalgono al 1979. Il repertorio
più corposo appartiene agli anni ’80. Poi si arriva nel
nuovo millennio, con una produzione altalenante, sia come quantità
che come continuità. Però il gruppo dimostra una costante
presenza nel tempo, anche se il periodo d’oro è sicuramente
quello iniziale.
Il primo cd raccoglie il primo periodo con una band acerba, ma già
ricca di idee. Le coordinate del gruppo sono molteplici, si va da
un hard rock melodico, debitore delle melodie ariose del beat come
nelle iniziali “Directly in Love” e “Murder 1”,
oppure nella splendida ballad “Falling”, ad un hard prog
oscuro e denso di mistero de “The Difference”, che pesca
qualcosa dai Rush. “Directly in Love” in particolare ha
un riffing avventuroso, che strabilia per inventiva e creatività.
Le melodie vocali a tratti ricordano anche alcune cose dei Blue Oyster
Cult. Mi viene in mente anche il compianto Randy California e anche
qualcosa dei Boston. Ogni tanto il gruppo mostra anche le proprie
abilità tecniche, come nella chitarristica “Gotta Get
Home”, un rock ‘n’ roll ad altissimo tasso di energia,
mentre sono sempre molto intriganti le dinamiche tra basso e batteria.
Comunque nel complesso sorprende la varietà di situazioni presentate.
Il secondo cd parte dal 1982 con un brano davvero bello: “Race
to Olympus”, visionario, epico, con una grande teatralità,
tra hard prog e pomp evoluto. Molto radiofonica è “Caught
in a Trance”, anche se propone soluzioni tutt’altro che
banali, con una strizzatina d’occhio ai Cheap Trick. Alcuni
estratti live fanno capire la forza dei Seth dal vivo, che sono una
vera macchina da guerra. Sicuramente molto settantiani, con lunghi
solos, però vera gioia per gli amanti del genere. Man mano
che gli anni passano il sound si fa più evoluto e qualche volta
anche più metallico, ma mantiene sempre le caratteristiche
fondamentali degli inizi. In un certo senso la band rimane fedele
a se stessa in un’evoluzione misurata.
La sensazione di fondo è che se il gruppo avesse potuto avere
gli agganci giusti, avrebbe un posto più solido nella storia
del rock. Comunque questa antologia ci permette di apprezzare fino
in fondo la loro musica. Una gemma da riscoprire per tutti gli appassionati
dell’hard rock. GB
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