La
scena prog nipponica degli anni settanta non è molto conosciuta
e penso siano in pochi ad aver sentito parlare di questa formazione,
eppure sono uno dei gruppi più interessanti del paese del Sol
Levante.
Sono considerati come il gruppo più visionario e immaginifico
partorito dal Giappone, il loro stile è molto personale e mescola
con grande abilità la cultura orientale al prog inglese più
sperimentale e teatrale.
La definizione di Art Rock è quantomai appropriata per questi
artisti istrionici. Il singer Makoto Kitayama ama vestirsi con abiti
diversi ricordando vagamente Gabriel, mentre il sound in parte ricorda
i Genesis, ma non mancano influssi derivanti da King Crimson e VDGG,
ma il tutto proposto con una spiccata personalità. Oltre settantasette
minuti di musica aspra, di prog caustico e abrasivo, indubbiamente
difficile da assimilare, ma anche prelibato per i palati più
fini. Ovviamente gli strumentisti sono tutti sopra le righe, del resto
i giapponesi hanno una spiccata attitudine per il tecnicismo, ma le
composizioni non sono certo delle vetrine per improbabili virtuosismi,
anzi sono molto emozionali e cariche di pathos, proprio come deve
essere nella migliore tradzione prog.
Questo disco è da mettere al fianco dei grandi classici dei
seventies, ne possiede la forza e lo spessore. Se avete delle riserve
verso il prog giapponese, allora questo potrebbe essere il disco giusto
per rompere il ghiaccio. GB
|