Questo
gruppo è nato nel 2007 dalle ambizioni del bassista Ronny Konig
(ex Vindex) che voleva dar vita ad un progetto nuovo nell’ambito
del metal neoclassico e pomposo. Il gruppo prende la forma definitiva
con l’arrivo di Goran Edman (ex Malmsteen). Praticamente i Signum
Regis vogliono proseguire sul cammino di formazioni come i Rainbow
e i Royal Hunt, senza dimenticare ovviamente Malmsteen, e con questo
primo album omonimo si mettono subito sotto la luce dei riflettori.
L’album omonimo è composto da undici canzoni che pescano
a mani basse nel repertorio classico e in mezzo a riff di potente
metal neoclassico, spesso in doppia cassa, ci ficcano toccate e fughe,
il tutto su belle melodie vocali che permettono a Goran di esprimere
il meglio di se. I cuori più epici non possono non provare
qualche brivido durante l’opener “Fields of the Stars”,
in particolare sugli acuti del dotato singer. Molto furbetta è
“All Over the World” che presenta dei chiari riferimenti
neoclassici nel giro iniziale di chitarra, la doppia cassa però
appiattisce un po’ il brano. “Neverland” è
un brano tanto riuscito, quanto prevedibile, il gruppo gioca sul sicuro
con melodie vincenti, ma proprio per questo tutto funziona a meraviglia.
Altro momento che fila via liscio su delle ottime melodie vocali è
“For Ever and a Day” e ricorda i fasti di Moving Target
dei già citati Royal Hunt. “Bright Days of Glory”
invece presenta i primi segni di cedimento compositivo, le idee non
ci sono più. Così anche nella metallica “The Rain”
che sciorina troppi luoghi comuni del genere. “Passionate Love”
ci presenta un giretto caruccio e ruffiano quanto basta, ma ci vorrebbe
altro per risollevare le sorti del disco. “Mountain Haze”
è una piece strumentale, la mancanza del singer pesa, ma in
fondo con un po’ di scale neoclassiche il gruppo se la cava
lo stesso. Monotona è “Follow the Light”, che ancora
una volta si salva per le doti interpretative del singer. Peggio fa
“The Ten Thousand” che mi fa rimpiangere i nostri Rhapsody
of Fire o i Blind Guardian, per restare in tema di metallo in doppia
cassa martellante. La chiusura è affidata a “Siren Roar”
che sembra lo sviluppo del brano precedente, è costruita un
po’ meglio, ma non fa certo venire la voglia di riascoltare
questo lavoro.
Per essere un debutto non è poi così male, se non fosse
che non si tratta di artisti di primo pelo. La prima parte del cd
è molto buona, ma poi le idee scarseggiano e si perde interesse
nell’ascolto. Non credo che la scelta di Konig e compagni sia
stata dettata da pruriti commerciali, ma non si sente quell’impegno
compositivo richiesto, non c’è quella scintilla che fa
di questo disco un must, anche se siamo su un prodotto di buona fattura.
Credo che una seconda chance i Signum Regis se la meritino, ma questo
lavoro risulta un po’ deludente. GB
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