In Brasile esiste un posto magico, culturalmente parlando, una sinagoga
dove l’arte ne è l’arredamento. Essa è un
laboratorio “utopico” dove all’interno si possono
incontrare musica, teatro, studio e poesia, in parole povere Multi
Art. Qui c’è il risultato della comunione di tutte le
persone che hanno frequentato e vissuto la sinagoga in questione,
perché i membri hanno anche fondato scuole rinnovandone l’educazione
musicale. “Sinagoga Zen” è in sintesi la celebrazione
di dieci anni di esperienza e maturità musicale.
Il gruppo è formato da Alison Seben (batteria e percussioni),
Felipe C. Taborda (chitarra, basso, viola e violoncello), Giulia F.
Dall’Oglio (voce), Rafael Vignatti (tastiere) e Wilian M. Baldasso
(basso, chitarra, viola e violino).
I generi musicali che si incrociano all’interno del disco sono
numerosi, in quanto i singoli componenti provengono da una cultura
a se stante, ecco allora incrociare la Psichedelia con il Blues, oppure
riff pesanti alla Black Sabbath, ma anche Piazzolla, Miles Davis,
Pink Floyd, King Crimson e Stockhausen solo per dare alcuni nomi di
riferimento. Ma il mondo musicale più rappresentato dal combo
va ricercato nel Rock anni ’70.
Il disco lascia in me un segno particolare, cinque composizioni differenti
che godono di una personalità alquanto marcata, quella che
manca spesso agli autori odierni, questo fa si che la mia memoria
cataloghi Sinagoga Zen come progetto interessante e da seguire anche
nel futuro, almeno con attenzione e curiosità.
Già la lunga suite “Modanca Dos Tempos” manifesta
un insieme di sonorità che fanno capo comunque ad un substrato
di Jazz e Rock. E mi vien da sorridere quando il motivo si placa,
aprendo ad orizzonti settantiani a confermare il mio pensiero sulla
globalizzazione dettata dal fenomeno internet, il motivo che si ascolta
è infatti contaminato dall’atmosfera nord europea, cara
a paesi come la Svezia. Perla Prog mutevole e fluttuante, a volte
non tattile in quanto eterea e sfuggevole. Cosa dire dei passaggi
di piano, della voce di Giulia e del violino? Spettacolo.
“2014” è raffinata, ricolma di sonorità
degne dei migliori Paatos, ma questa volta con una solarità
maggiore, più consona alle terre della Sinagoga Zen.
Ancora la veste anni ’70 per “Presenca”, buona ritmica
sostenuta dalle tastiere e da una metrica strutturale vicina alla
formula canzone, ben orecchiabile.
Mai banali, proseguono il cammino sonoro andando a pescare anche in
territori Blues in stile Stevie Ray Vaughan, questo accade in “Abdu
Pensante”, ma è un attimo perché appena riesci
a metabolizzare, i ragazzi sono già nel mondo New Prog.
Il disco si conclude con i dieci minuti e mezzo di “Instante
De Velejar”, dove la sperimentazione si lascia guidare dalle
percussioni ricche di solarità, compreso l’uso dello
xilofono.
Il Brasile non è nuovo nello stupire l’ascoltatore mondiale
di Progressive Rock e non venitemi a dire che il genere è morto,
per favore, non ci crederò mai e questo grazie anche a realtà
come i Sinagoga Zen. MS
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