Coniugare tecnica e melodia, virtuosismo ed anima non si rivela sempre
operazione di facile soluzione, prevalendo solitamente una componente
sull'altra. I triestini Sinestesia sono sì ottimi musicisti,
ma pure sensibili esecutori. Le loro composizioni non irritano l'ascoltatore,
soddisfano il più esigente in quanto a struttura come colui
che si accontenta della bella canzone, quella da ascoltare e da ascoltare,
ogni volta scoprendo nuove emozioni.
Le tastiere magniloquenti e la grandeur sinfonica di "Cold war
apocalypse" e la grazia notturna di "Violet" vanno
a braccetto in "The day after the flower", disco numero
due per questa valida band per la quale non per nulla Franz Di Cioccio,
una delle figure di maggior rilievo del panorama musicale italiano,
ha assurto l'importante ruolo di patrocinatore, con la sua etichetta
Immaginifica, già dal primo vagito ufficiale, l'omonimo del
2007. Considero la citata "CWA" un elemento cardine del
disco intiero, disvelando appieno l'attitudine fortemente progressiva
del combo giuliano, attento però a svilupparla in un senso
assolutamente caldo e coinvolgente, praticando una formula snella
pur nella sua ricchezza di impegnative variazioni. Dalla irruenza
tipica del metal di "Hero", episodio posto al principio
della track-list, alla solo apparente semplicità di episodi
come "Hero" o "Burning times", "The day after
the flower" scorre via veloce, costringendoci a pigiare nuovamente
il tasto play, per poter così ri-percorrere i suoi sontuosi
sentieri sonici (“Twilight”, ma su “Memento”
sfidano i canoni pre-costituiti del rock proponendosi in madrelingua!).
La grande voce di Ricky De Vito, uno dei vocalist più autorevoli
del panorama rock italiano, le chitarre di Roberto De Micheli, a volte
spigolose, nervose, altre delicatissime, aderendo perfettamente al
contesto umorale della traccia che stanno ricamando, una sezione ritmica
duttile e potente (Alessandro Sala al basso e Paolo Marchesich alla
batteria) ed ovviamente le onnipresenti tastiere (davvero ricco l'apparato
messo in mostra da Alberto Bravin) e, last but not least, una produzione
sfavillante fanno di questa operina una delle meglio riuscite del
morente 2009. E che ci inducono a principiare con speranza l'anno
nuovo, consci che qualcosa di grande siamo capaci di proporlo pure
noi, non solo i soliti anglosassoni. AM
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