Eric Wagner, storico singer dei Trouble, non è nuovo a progetti
diversi, anche se non troppo distanti dalle sue origini. L’abbiamo
visto al fianco di Danny Cavanagh (Anathema, Leafblade, Antimatter)
nei Lid e Dave Grohl in un brano del suo progetto Probot. Oggi lo
ritroviamo con altri due ex Trouble, il batterista e tastierista Jeff
Olson (Retro Grave) e il bassista Ron Holzner, anche se Olson sembra
essere recentemente uscito dalla formazione. Alla chitarra troviamo
Lothar Keller e Matt Goldsburough (Pentagram), quest’ultimo
entrato in formazione poco prima che venisse registrato l’album.
Inizialmente il gruppo suonava brani dei primi due storici album dei
Trouble, Psalm 9 e The Skull (da cui il nome del gruppo), poi la band
ha iniziato a scrivere brani propri e ne è venuto fuori il
presente disco. Come parte “Trapped Inside My Mind” non
si hanno dubbi, il riff rallentato e saturo è doom allo stato
puro, un atto d’orgoglio per alcuni dei più grandi interpreti
del genere. Wagner è in piena forma e con questa nuova formazione
alle spalle fa venire ancora i brividi. Il mestiere si sente tutto
e i cinque scodellano un brano che è già un classico
del genere. Un basso cavernoso come non mai introduce la sabbathiana
“The Touch of Reality”, in fondo non ci sono grosse novità,
ma grandi conferme, il riff portante è davvero bello e il tenore
del disco è molto alto. Nel ponte il sound si tinge di psichedelia
e i brividi aumentano. “Sick of It All” è ancora
molto rallentata ed onirica, il gruppo continua ad elargire perle.
Verso il finale c’è anche un bel crescendo. Ancora più
psichedelica è “The Door”, aperta su di un’oscurità
veramente efficace. Più diretta è “Send Judas
Down”, puro heavy metal cadenzato, dominato da un riff micidiale.
“A New Generation” è un torrido heavy blues che
non lascia indifferenti. “Till the Sun Turns Black” è
ancora classico doom, che avrebbe figurato molto bene anche nei primi
album dei Trouble. La title track è posta all’ottavo
posto, viene aperta da un giro acustico ai limiti del folk apocalittico,
poi entra una parte durissima di forte impatto emotivo, sicuramente
è il brano più originale del disco. “Sometime
Yesterday Morning” è ancora una volta puro heavy metal
senza cedimenti, che lezione di stile. Chiude “The Last Judgment”
ed è ancora uno schiaffo a chi pensa che non si possa più
fare un album di grande doom metal.
Da un certo punto di vista questo è il disco che ogni fan dei
Trouble si aspetta di ascoltare, un tuffo nel doom metal più
classico, capace di emozionare dall’inizio fino all’ultima
nota. GB
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