Rock Impressions

Sigmund Snopek SIGMUND SNOPEK III
First Band on the Moon
Roy Rogers Meets Albert Einstein
Musea

Sigmund Snopek è un artista da culto per eccellenza, tastierista eclettico in attività da oltre trent'anni, raccoglie una certa notorietà solo negli anni ottanta quando collabora con i Violent Femmes, ma la sua produzione solista merita una certa attenzione.

Nel '72 pubblica Who’s Afraid Of Virginia Woolf? un disco molto interessante, che mostra un prog oscuro e ambizioso, quasi zappiano. Nella sua musica si susseguono impennate jazz, musica classica, hard rock, folk e follia pop sparsa un po' ovunque. Quella di questo poliedrico artista polacco è una genialità incompresa e molto sottovalutata, anche perché talvolta un po' indigesta.

La Musea sta ristampando i suoi lavori ed è il turno di questi due albums incisi nei primi anni ottanta. Il primo, FBOTM, è datato 1980 ed è molto influenzato da contaminazioni pop elettroniche, forse sull'onda di quanto sperimentato da Gabriel, ma persiste un clima di goliardica follia, quasi space rock. Atmosfere inquietanti si alternano a coretti stralunati, sciocchi e banali, in un mix che disorienta l'ascoltatore. Penso al brano "Living Out Loud", che ha un bell'impianto musicale carico di suggestioni, ma le vocals sono alquanto irritanti. Strascico di un'attitudine easy listening di fine settanta che col tempo, fortunatamente, è stata spazzata via. Eppure si sente che c'è una certa genialità, che emerge con prepotenza nel brano "Controller's Reply", in una complessità stralunata costruita su un impianto funky, imperdibile. Non mancano anche momenti di lirismo come in "Highway Ghosts" e in "Crazy Crazy Angel", ma nel complesso resta un album di difficile approccio.

Il secondo, RRMAE, è di due anni dopo, ma la musica è tutta un'altra cosa. Questo disco è molto più visionario e allo stesso tempo "serio", con lunghe suites molto spaziali. La prima è divisa in dodici tracce molto eterogenee sulle quali spiccano la progressiva "Backpocket Fugue" e vari sprazzi disseminati in pochi secondi di puro genio. La suite che da il titolo all'album è un lungo viaggio allucinante, onirico e acido, molto space rock dove compare anche del free jazz e del rumorismo. Se quello che vi ho descritto finora vi è sembrato strano è nulla in confronto del brano finale, sorretto da un flauto spiritato ed evanescente.

Snopek è un artista molto difficile e proprio per questo è rimasto pressoché sconosciuto ai più, ma merita di essere rivalutato. GB



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