Esistono progetti per chi vuole ascoltare qualcosa di più che
semplice musica. Esistono progetti dove l’arte e la cultura
si uniscono per una ricerca armonica e strutturale di nuova sostanza,
in cui si può restare sorpresi da un risultato d’impatto
sicuramente non convenzionale. Esistono progetti dunque per intenditori
e per coloro che ancora oggi hanno voglia di stupirsi. I Sonata Islands
sono un progetto cameristico nel quale sound si evince dell’Avant-Jazz
e dell’Avant-Rock, quindi con un dna strutturalmente complesso.
Realizzano nella loro storia quattro cd e con “Meets Mahler”
raggiungono il quinto sigillo, mentre per conoscere la realizzazione
di altri numerosi progetti, teatrali e cinematografici per cortometraggi,
vi rimando al loro sito.
Mi sento di affermare che “Meets Mahler” è il loro
progetto più ambizioso, qui si va a riproporre una sinfonia
per voce soliste ed orchestra composta fra il 1908 ed il 1909 di un
artista che è già nel suo campo uno sperimentatore,
il compositore e maestro d’orchestra austriaco Gustav Mahler.
L’opera sinfonica porta il titolo di “Das Lied Von Der
Erde” (in italiano “Il Canto della Terra”).
La composizione si suddivide in sei movimenti, qui eseguiti da jazzisti
del calibro di Giovanni Falzone (tromba), Emilio Galante (flauto),
Achille Succi (Clarinetto e sax alto), Simone Zanchini (fisarmonica),
Stefano Senni (contrabbasso) e Tommaso Lonardi (voce).
L’operato di Mahler si nutre di musica popolare e quindi si
avvicina ad un approccio significativamente differente da quello adottato
per la sinfonica sino al 1900, non a caso questa attitudine è
anche musa per altri musicisti importanti, come ad esempio per il
pianista jazz e compositore di New York, Uri Caine. Possiamo dire
che l’artista gioca “sporco”, alterando certe convenzioni
notoriamente irremovibili della struttura musicale sinfonica. Ed i
Sonata Island si gettano in questo percorso alterato e sconnesso,
mettendo del proprio, giocando con l’Avant-Jazz e l’Avant-Rock.
Vengono alla mente immagini all’ascolto di molti passaggi, come
nel secondo movimento “Kind Of Earth”, dovuto anche alla
vicinanza di soluzioni adottate anche dal maestro Ennio Morricone.
Sarà per l’uso della tromba, della fisarmonica, resta
il fatto che fra cambi di tempo ed umorali si viaggia nel Jazz, ma
anche in una improvvisazione a tratti minimalista. Un film di Fellini?
Un puzzle assolutamente difficile da ricomporre. ”Non Mahler”
è nervosamente Crimsoniano, salvo poi aprirsi a del jazz solare,
saltando nel pentagramma fra fughe e rallentamenti. Nuovamente si
fa luce l’improvvisazione, un colloquio fra strumenti che danno
l’impressione di non comprendersi, ma che comunque si cercano
freneticamente, come in una sorta di “Acchiapparella”
(gioco infantile popolare).
Più affidata ai fiati “Von Der Schonheit”, anche
lei senza una struttura madre apparente, a tratti basata su una ritmica
Jazz marcata, ma è un alternarsi emotivo anche in questo caso.
Tuttavia il lavoro necessita sino al termine di una attenzione particolare,
un ascolto certamente mirato e non approssimativo per far si di poterlo
comprendere al meglio. Il progetto risulta fresco ma allo stesso tempo
monolitico, tanti piccoli componenti che compongono un gigante. Mi
sento di proporre questo album a chi di jazz sperimentale è
già avvezzo, perché prima di addentrarsi dentro questi
labirinti sonori serve sicuramente una preparazione mentale e culturale
apposita. A me l’ascolto ha fatto venire in mente un simpatico
quesito: E se gli Area avessero composto nel 1900? MS
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