La Progressive Promotion Records si addentra per la prima volta nel
mondo del Post-Rock e lo fa con una band polacca consigliata loro
dagli esponenti del gruppo God Is An Astronaut, Torsten Kinsella e
Niels Kinsella, si chiama Sounds Like The End Of The World.
Non sono comunque all’esordio discografico, in quanto già
nel 2013 escono con l’ep “It All Starts Here” e
nel 2014 con l’album “Stages Of Delusion”. Si formano
nel 2012 e seguono il sound di band come God Is An Astronaut, This
Will Destroy e Long Distance Calling su tutte.
Il quartetto che suona in “Stories” è composto
da Michal Badecki (basso), Michal Baszuro (chitarra), Tomasz Hoffman
(batteria) e Wojciech Kowal (chitarra).
Otto le tracce che formano il disco completamente strumentale, ad
iniziare da “No Trespassing” con un intro in crescendo
ad inserimento singolo degli strumenti. Il suono è pulito ed
elettricamente vibrante, prerogativa del Post Rock, ma anche del Math
Rock, e qui ne abbiamo delle piccole schegge.
Sferzate nervose lasciano spazio a ricongiungimenti alla melodia iniziale,
proprio come spesso eseguivano i Radiohead dei primi anni ’90.
“Walk With Me” ha un inizio introspettivo dettato da una
buona melodia delle chitarre, per poi sfociare nella distorsione e
nella rabbia. Un brano cadenzato, quasi caracollante, che colpisce
per intensità e patos.
“Breaking The Waves” è la canzone più lunga
dell’album con i suoi sei minuti e mezzo, qui i Sounds Like
The End Of The World fanno una piccola scappata anche nella Psichedelia.
A gusto personale questo è il brano che più mi ha colpito.
Ottima la scelta degli assolo di chitarra che riescono a dare ampiezza
all’ascolto.
Granitico e monolitico in molti frangenti, “Stories” prosegue
con “Obsession”, un momento di rilassatezza apre il brano,
dove la ritmica è soffice e precisa, ma ancora una volta il
tutto si evolve in un crescendo sempre di ottimo impatto.
“Faults” ha un giro armonico molto ruffiano e di facile
memorizzazione, uno spicchio di sole e di allegria rispetto alla media
dell’ascolto. Gradevolissimo.
Ridondante ed echeggiata “Outflow”, mentre “Acceptance”
è la più breve canzone dell’album con i suoi pacati
tre minuti. Chiude alla grande “All Over Again” con piccoli
richiami King Crimson.
Un disco che gli amanti del genere (e non solo) non devono ignorare,
perché ci sono tutti gli ingredienti che fanno del Post Rock
un movimento che ha sempre e comunque qualcosa da dire alla mente.
Scopriteli e vi avvicinerete anche voi con stupore al “suono
della fine del mondo”. MS
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