Gli Spirits Burning sono una specie di risposta americana agli Hawkwind,
un collettivo capitanato dal produttore e compositore Don Falcone.
Sono in attività dalla fine dello scorso millenio e da allora
hanno dato alle stampe sedici album, noi li avevamo già incontrati
in occasione del disco Alien Injection, dove già era presente
Michael Moorcock, uno scrittore sci-fi appassionato di musica, che
ha collaborato proprio con gli Hawkwind, coi Blue Oyster Cult e ha
prodotto un paio di album con i Deep Fix. Tra l’altro in questo
disco partecipano quattro membri dei BOC (i fratelli Bouchard che
ora suonano nei Blue Coupe, Donald Roeser e Richie Castellano), poi
diversi musicisti presenti hanno suonato sempre con gli Hawkwind,
ma nel complesso hanno prestato il loro contributo oltre trenta artisti.
In particolare il disco è stato composto da Falcone, Moorcock
e Albert Bouchard, ma anche in questo caso sono molti i contributi
degli altri musicisti, che quindi non hanno prestato solo il loro
talento esecutivo. In questo senso An Alien Heat è un disco
sinfonico, a più voci, anche se si muove essenzialmente su
coordinate space rock e psichedeliche, con alcune concessioni hard,
il tutto ha ovviamente un’attitudine che può attrarre
i fans del prog.
An Alien Heat è composto da sedici brani ed esce in due versioni,
singolo cd e doppio cd, il secondo contiene la versione strumentale
del disco. A mio parere l’album è diviso in due parti,
una più melodica, nel senso che le canzoni sono in qualche
modo più fruibili, e una più psichedelica e acida, che
risulta più sperimentale e meno immediata. Il primo brano “Hothouse
Flowers” è subito un tuffo al cuore per chi ama uno stile
un po’ vecchio stampo, alla voce troviamo Donald Roeser e per
il sottoscritto sono brividi, questo pezzo potrebbe figurare molto
bene nella discografia dei BOC, ma come avrete capito vale un po’
per buona parte dell’album. Per il resto del disco la voce passa
ad Albert Bouchard, che essendo anche uno dei principali compositori,
ha dato una forte impronta al disco, che per certi versi ricorda anche
le cose realizzate da Al coi Brain Surgeons. Vista l’abbondanza
di materiale non ha senso fare una descrizione troppo minuziosa. Si
avverte una grande cura, una sorta di opera rock con una forte componente
cosmica, non mancano parti epiche e altre cariche di tensione e mistero,
ma troviamo anche una buona dose di romanticismo, nel senso di sorta
di malinconia che accompagna sempre l’immaginazione di altri
mondi e altre culture, come una forma di rimpianto per quello che
potrebbe essere ma non è, la nostalgia per qualcosa che in
fondo nemmeno conosciamo, una specie di mondo ideale, che trova vita
proprio nel mondo dell’arte e ci permette di viaggiare con la
fantasia.
Per me è un gran bel disco, anche se ci vuole molto coraggio
a proporlo oggi, un periodo in cui il pubblico sembra sempre più
disattento e “fast consuming”. Questa è musica
per ascoltatori “slow”, che amano emozionarsi con la musica
e per i quali un disco diventa più bello ascolto dopo ascolto.
GB
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