Il nome di Ian James Stewart non risulterà sconosciuto a diversi
di voi, essendo stato parte importante degli scozzesi Strangeways
ai quali fornì il proprio apporto come chitarrista.
Ammetto di averlo perso di vista per un pò ed oggi me lo ritrovo
con questo album solista che mi ha spiazzato in quanto ha ben poco
da spartire col suo passato hard rock/AOR, anzi, le tredici canzoni
spaziano in vari ambiti musicali, tutti trattati con una maturità
pregevole.
L'atmosferica "Phosphorus", ad esempio, è dolce e
delicata come sapevano essere i Dire Straits e lo Sting solista, eppure
i suoi otto minuti e mezzo non pesano assolutamente e scorrono accarezzando
le orecchie e il cuore.
Di ben diverso tenore la successiva "Big White Monkey" con
le sue sonorità Southern Rock assolate e torride che vengono
stemperate nel morbido e sicuro pop/rock "One More Time"
che deve molto a cantautori statunitensi come Jackson Browne o Tom
Petty, mentre "Path Of Lightening" prende queste influenze
e le mescola coi Dire Straits senza dimenarsi troppo.
"Charlie Parker" gioca col jazz raffinato da locale notturno
e "So Far So Good", ricco di cori e spazi dilatati, non
sarebbe dispiaciuta ad un Bruce Hornsby.
La durata media dei singoli brani è sopra i cinque/sei minuti
e il target di ascoltatori è di persone adulte, abituate a
farsi cullare dai performers, a farsi trasportare verso lidi lontani,
ad apprezzare le finezze strumentali sparse con generosità
da Stewart che da tempo desiderava cimentarsi con una simile operazione
lontata dagli schemi più familiari degli Strangeways. Operazione
riuscita! ABe
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