Rock Impressions

the Stompcrash - Requiem Rosa the STOMPCRASH - Requiem Rosa
Nomadism Records
Distribuzione italiana: -
Genere: Dark / Goth Rock
Support: CD - 2007

Bel lavoro dalle tinte spiccatamente crepuscolari è “Requiem Rosa”, caratterizzato da pregevoli intarsi chitarristici che adornano un tappeto sonoro di buona fattura, intessuto con grande attenzione e cura dei particolari dalla pulsante sezione ritmica e da tastiere a tratti sontuose.

Le cangianti ambientazioni che distinguono ogni singolo episodio vi faranno gioire delle pulsazioni death rock dell’opener “The London fog” o di “99 cats”, decisamente americaneggiante nei suoni, o delle citazioni di certa wav albionica ingiustamente sottovalutata, come in “Like a noise” (qui i quattro musici partono alla ricerca di autentiche perle nascoste in anfratti ombrosi e discosti, portando alla luce le testimonianze gloriose rilasciate dai mai troppo lodati Sad Lovers and Giants). Giovandosi inoltre di due ottime voci (Christian Celsi e Daniela Palermo, che di queste canzoni sono pure gli autori dei testi, interpretati con passione spontanea), possono sfruttare questa rara opportunità, accentuando a volte il lato drammatico di queste belle songs (come in “Modern slaves” interpretata da Daniela, credetemi, terminato l’ascolto del disco, ho trascorso una buona oretta nel gelo della mia mansarda a cercare le X Mal Deutschland, ah!, cosa non fa la benedetta nostalghia!), altre quello più intimo e cogitabondo (“Dorian”).

Ma è la versatilità appunto a mettere a punto il risultato di maggior valore, quella capacità di mutar scena che vi porterà ad apprezzare incondizionatamente la bellissima “I will kill myself”. “Requiem rosa” è lavoro sontuoso, professionale ed assai ricercato, anche (ovviamente, mi viene spontaneo rilevarlo trattandosi di una produzione targata Nomadism Records!) nell’apparato grafico (a cura di Mauro Berchi, una assoluta certezza). Il ritmo secco di “Moscow” omaggia ancora gli ottanta, senza che prevalga quel senso di vuota rimembranza che a volte inficia prove analoghe, e la prova viene brillantemente superata, col massimo dei voti (soffermatevi sul lavoro intenso del basso e della batteria, sulle reiterate note della chitarra e sugli svolazzi delle keys: da manuale!). Ma non mancano ferme esibizioni di forza (“Wake up in a grave”) ad arricchire un songbook già completo (l’incipit di “Bloody rain” ricorda vagamente i Blur!), ed a far definitivamente pendere l’ago della bilancia a favore dei bravi The Stompcrash, una delle proposte, non solo italiane, più convincenti di quest’ormai declinante duemilaesette. AM

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