Alex Scardavian (Alessandro Scardavi) cresce a pane e Death SS (era
Sanctis Ghoram), la band provava a casa sua, nasce un’amicizia
profonda con il carismatico Paul Chain (Paolo Catena), che plasma
il carattere artistico di Alex. Esordirà sul disco Whited Sepulchres
di Catena e poi ci saranno molte collaborazioni, sia in studio che
live. Troviamo il suo contributo anche sui due dischi solisti di Steve
Sylvester. Nel 2002 esce il suo primo disco solista “Strange
Here?”. Poi per motivi personali si ritira dalle scene per un
lungo periodo. Nel 2006 conosce il milanese Domenico Lotito, che ha
fatto parte di diversi gruppi della zona meneghina (Error Amplifier).
Tra i due nasce una repentina intesa artistica che li porta a comporre
insieme e a incidere questo nuovo capitolo della saga Strange Here,
che adesso non è più un progetto solista.
La musica partorita da Alex e Dom è un doom molto saturo e
psichedelico, fortemente legato al percorso di Chain, non a caso troviamo
un brano che Alex aveva composto proprio con Catena “Kiss of
Worms”. Ma andiamo con ordine. L’opener “Still Alone”
non lascia dubbi, il riffing style del pesarese è fortemente
presente. Oggi Catena non suona più questa musica e tutti i
suoi fans possono ritrovarsi in questo doom metal di ottima fattura.
Alex ha assorbito alla perfezione la lezione del maestro e ne rievoca
lo spirito con grande efficacia. “Kiss of Worms” è
maledettamente sabbathiana, il tempo è rallentato con un riff
granitico molto potente, in un certo senso sembra che Alex e Dom abbiano
voluto prendere il testimone per perpetrare il sound oscuro che sembrava
da tempo perduto. “Born to Lose” è ancora un brano
desertico, oscuro, malato, il testo autobiografico è profondo
e pieno di amarezza, ma nel finale c’è un’apertura
alla speranza. La parte strumentale è da brividi, non stiamo
ascoltando dei cloni, ma musicisti che credono e amano profondamente
questa musica. “Black, Grey and White” è una ballata
acustica molto psichedelica e apocalittica. Con “Acid Rain”
si torna al doom, ma ancora molto psichedelico, sembra improvvisato,
ma del resto molte delle partiture ascoltate sono state veramente
improvvisate in studio, le registrazioni sono durate solo una ventina
di ore. “Only If…” è un’altra ballata
acustica, ma ancora più stralunata della precedente, molto
in linea con lo stile del progetto. Chiude la tenebrosa “Shiftless”
che conferma lo spessore di questo progetto, che piacerà a
tutti gli amanti del vero doom.
Mi fa molto piacere che sia stata proprio la Minotauro di Marco Melzi
a produrre questo disco, in un certo senso sancisce la continuità
tra Catena e questi suoi seguaci. Bella anche la scelta di mettere
i testi tradotti nel booklet, sono profondi e oscuri come le musiche,
non sono per tutti, ma permettono di capire da dove nasce questo genere
musicale, dall’io più profondo. GB
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