Questa giovane band tedesca ha realizzato un paio di cd, ma questo
è considerato il loro vero debutto discografico. Anche se è
autoprodotto, il gruppo ha cercato comunque di fare le cose per bene.
Il gruppo è composto da un classico quintetto con cantante,
chitarra, tastiere, basso e batteria. Il sound proposto è un
heavy rock molto coinvolgente, con belle melodie, che ben riflette
il gusto germanico per questo genere musicale, non è un caso
se alcune band di questo paese hanno imposto il loro verbo.
L’avvio è affidato alla potente “Privilege of Power”,
un brano incalzante, pieno di energia, il cantante Stefan Zoener ha
una bella voce, un po’ roca, perfetta per il genere, il primo
impatto è subito positivo. “Nothing” è un’altra
classica canzone piena di grinta contagiosa, il gruppo ce la mette
tutta per coinvolgere l’ascoltatore, molto buona la sezione
ritmica composta dal bassista Finn Janetzky e dalla bella batterista
Jessica Stuart. Precisi gli assoli di chitarra di Tobias Eurich, non
brillano di originalità, ma sono misurati e ci stanno bene,
mentre le tastiere creano il tappeto necessario a tutto il resto.
“Tainted” continua a pompare energia, un mid tempo irresistibile
con un riffing roccioso e cattivo e delle melodie assolutamente azzeccate.
Molto convincente “Pray to Break”, con assoli di chitarra
più interessanti e l’album scorre senza mostrare cedimenti.
“Stillborn” è una classica ballata semi elettrica,
ottima da cantare sotto il palco, molto buono anche il crescendo finale.
Come non muoversi con le movenze sensuali di “Snakebite”?
il gruppo continua a rockare alla grande. La corsa non si arresta
nemmeno con “Hell & Back”, certo che di entusiasmo
ne hanno da vendere, il brano verso la metà poi si trasforma
in un blues sporchissimo dal grande impatto. Divertente anche “Touch
the Sky”, che non manca di trovate guascone. Più originale
la seconda ballad “Catching Fire”, in chiave blues, ma
con ottime linee melodiche vocali e un buon finale elettrico e tribale.
Particolare e struggente “All That’s Left”, che
conferma la buona vena della band. Chiude “Hiding Star”,
un tempo quadrato e diretto, che sembra flirtare con l’elettronica,
il risultato è interessante, anche se qualcuno potrebbe storcere
un po’ il naso, ma siamo alla fine e ci sta bene.
Gran bel disco, tenendo conto anche del fatto che è un debutto,
forse il genere proposto non è più tanto di moda, ma
questi ragazzi ci credono e questo potrebbe essere la chiave vincente
del loro futuro. GB
Sito Web
|