Di storie strane ce ne sono parecchie, storie che alla fine diventano
di ordinaria normalità o, se preferite, di abituale anormalità,
per chi non ha voglia di scavare nel profondo, ma non è un
caso se una band australiana ha deciso di trasferirsi in Germania
per fissare la propria base operativa nel cuore della vecchia Europa.
I the Sunpilots pubblicano il loro secondo album, che sarà
disponibile anche in download gratuito sul loro sito internet (in
calce alla recensione) e si candidano ad essere una delle nuove band
più interessanti in ambito post modern prog. Del resto la “terra
dei canguri” (nessuna intenzione canzonatoria da parte mia)
ci ha già regalato alcune band davvero interessanti come i
Cog, non molte per la verità, ma quando riescono ad arrivare
dalle nostre parti sono sempre artisti da prendere con grande interesse.
Il disco si basa su un concept dove si immagina il collasso della
nostra civiltà e del bisogno di sicurezze degli uomini che
devono affrontare questa emergenza, la partenza è affidata
a “3 Minutes to Midnight”, che ha una prima parte molto
melodica, che mi ricorda molto certe cose di Billy Joel, poi il brano
assume toni molto nervosi e ritmicamente complessi, rivelando un prog
post moderno molto interessante e anche piacevole da ascoltare. Il
senso di dramma aumenta con la successiva title track, intrecci quasi
Crimsoniani, ma sempre presenti belle melodie, che rendono tutto molto
fruibile, un’attitudine che a me piace molto, perché
se è vero che la musica deve rivelare doti compositive non
comuni per complessità ritmico armoniche, è anche vero
che il tutto deve lasciare un senso di soddisfazione che solo delle
belle melodie riescono a darci, davvero un grande brano con un ottimo
crescendo di intensità drammatica. “The Captain”
continua sulla strada giusta, il senso di incombente tragedia è
sempre ben espresso, il mix di parti più complesse e altre
più armoniche è un dono che anche qui possiamo apprezzare,
ma questo è un brano pazzesco che raggiunge un livello di intensità
formidabile, con uno dei migliori crescendo degli ultimi tempi. Le
idee continuano a fluire anche nei brani successivi, che non perdono
un grammo di tensione e conducono con mano sicura l’ascoltatore
all’interno di questo intrigante concept. Altri riferimenti
che si possono ricordare sono i Pain of Salvation, per la complessità
del concept e l’intensità drammatica, i Muse per certe
soluzioni melodiche, i Led Zeppelin per la forza di certe parti più
ruvide, le citazioni si sprecano, quello che resta è un profondo
senso di ammirazione per questo piccolo gioiello.
Un disco spettacolare, alla faccia di tutti quelli che pensano che
non escano più bei dischi di questi tempi, da mettere al pari
di The End is Begun dei Three, dischi che ti fanno venire voglia di
credere nella musica e soprattutto nei giovani artisti, che grazie
al cielo sono ancora capaci di emozionarci e anche tanto. GB
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