Il tastierista inglese Richard Davies nel 1969 ha l’opportunità
di formare una band grazie all’attenzione economica di un amico
olandese, è così che assieme al polistrumentista e cantante
Roger Hodgson che danno vita al progetto Supertramp. Dopo una lunga
selezione la band si stabilizza con Bob C. Benberg alla batteria,
John Anthony Helliwell ai fiati e Dougie Thomson al basso.
I primi due album “Supertramp” del 1970 e “Indelibly
Stamped” del 1971 non è che facciano volare il gruppo
in alte classifiche, pur avendo fra le composizioni alcune canzoni
non epocali ma gradevoli. Lo stile comunque si va plasmando, le tastiere
che si adoperano a ritmica e che saranno prerogativa della loro grandissima
personalità, giungono solamente nel 1974 con questo album dal
tiolo “Crime Of The Century”, e qui o si vola o si muore.
Il Rock proposto dalla band è a cavallo fra quello tanto di
moda in quegli anni, ossia il Progressive Rock, il Jazz e il Blues,
dove i fiati di Helliwell coprono un ruolo molto importante. Le canzoni
sono cantate alternatamente fra Davies e Hodgson, quest’ultimo
altro marchio di fabbrica della band grazie alla sua voce alta, quasi
in falsetto.
A differenza delle band Prog del periodo, i Supertramp si dedicano
completamente alla formula canzone, ma in maniera raffinata e ricercata.
“School” inizia alla grande l’album, con un velo
di nostalgia di base ed un amalgama sonora perfetta e rodata. Duettano
Davies e Hodgson al microfono e la canzone, poi proposta molto spesso
anche in sede live, è colma di cambi di tempo ed umorali. Il
solo di piano è altro cavallo di battaglia. Che i Supertramp
amano essere “commerciali” e che volgono uno sguardo anche
all’America più ricettiva alle canzoni di facile memorizzazione,
lo si evince anche dalla ruffiana e cadenzata “Bloody Well Right”.
La terza canzone è quella in cui si mostrano i muscoli, dove
il gruppo comprova la capacità tecnica e compositiva, una canzone
che rientra nel settore che dicevo all’inizio, quello della
raffinatezza, essa si intitola “Hide In Your Shell”. Importante
anche qui l’uso delle coralità, usate spesso anche in
falsetto. Il lato A dell’lp si conclude alla grande con un classico,
“Asylum” cantato da Davies.
I Supertramp non sempre si prendono sul serio, spesso si divertono
a giocare con il pentagramma e usano il piano in maniera sincopata,
come detto, a ritmica. “Dreamer” ne è esempio e
DNA del gruppo. In Italia la canzone non sfugge ad un grande cantante
del tempo, in pieno successo di pubblico, quel Renato Zero ancora
trasgressivo di “Zerofobia” che traduce “Dreamer”
in “Sgualdrina”. Momento serietà immediatamente
dopo con una “Rudy” stradaiola e malinconica.
Non manca il lento di facile presa emotiva, qui con il titolo “If
Everyone Was Listening”, molto bello e ammaliante. E come spesso
accade di dire: dulcis in fundo. L’album si conclude con un
crescendo sinfonico impressionante e sostenuto dalle immancabili tastiere
(qui piano) e sax in fuga strumentale. La canzone è colei che
da il titolo all’album e che resterà negli annali non
solo della band ma anche della storia del Rock.
Questo album da il via alla carriera di una band che molto avrà
da dire negli anni, sino alla frattura con Hodgson, ma comunque sempre
con album di alto livello. Un loro successo a seguire? “Breakfast
In America” un classico che più classico non si può.
MS
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