La forza delle parole, la fermezza della poesia ed il viatico musicale
Rock sono un connubio artistico imponente, capace di scardinare i
meandri del nostro cervello con la facoltà di far pensare.
Di questi tempi fermarsi non solo ad ascoltare ma per giunta pensare,
è un risultato quantomeno sorprendente. Le parole importanti
quanto la musica, i debuttanti Tazebao sono un equilibrio di questo
concetto e sono artisti che già conosciamo nell’ambito
musicale, soprattutto in quello del Rock Progressivo.
Autore dei testi e voce inconfondibile è Gianni Venturi (Altare
Thotemico,Vuoto Pneumatico, Lucien Morreau&Gianni Venturi - Moloch),
alla batteria Gigi Cavalli Cocchi (C.S.I.,Ligabue,), al basso Valerio
Venturi (Altare Thotemico), alle tastiere Luigi Cassarini e alla chitarra
Nick Soric (Lady Godiva, Mauro "Pat" Patelli Band, Salvatore
"Salva" Cafiero). Testi forti dunque, riguardanti la società
del momento e soprattutto il potere delle religioni ed il radicarsi
nella mente dei popoli.
“Opium Populi” è un grido contro ogni forma di
estremismo in generale, vuol far pensare per far scaturire l’”Io”
che abbiamo dentro ognuno di noi, il modo di pensare per ridare personalità
all’individuo assoggettato da questo forte potere. Si va ad
attingere nel Catarismo.
Anche la copertina del disco visivamente racconta molto, fra carro
armato, foto e proiettili conduce inesorabilmente alla memoria dei
lavori di Gianni Sassi per la Cramps negli anni ’70, casa discografica
dai concetti importanti a partire da quelli narrati dagli Area. In
realtà è ad opera di Gigi Cavalli Cocchi, esperto nel
settore. Dieci canzoni che sferzano la testa aprendola come un apriscatole,
dove la ritmica spesso ossessiva è degna accompagnatrice delle
parole.
“Caedite” è un esempio lampante, anche a dimostrazione
che la forma Progressiva è rispettata, cambi di tempo annessi.
Attenzione anche per i ritornelli e le buone melodie. L’elettrica
“Ecce Homo” fotografa la società del momento, fra
richiami a Giordano Bruno e la spietata fotografia del nostro essere
“cattivo animale”. Buono l’intervento delle tastiere
dal sapore vintage. Più epica nel coro da cantare è
la title track “Opium Populi”, canzone profonda e comunque
appetibile. Resto colpito da “L’inquisitore”, brano
che si sostiene su importanti linee di basso e voglioso di mostrare
anche le capacità della band nel conoscere molto bene i passaggi
del Prog in senso generale, non solo degli anni ’70. “Occitania”
è fra i momenti più alti dell’intero disco, rammenta
in me un certo cantautorato degli anni ’70 specie nell’inciso.
La mia preferita è una semi ballata e si intitola “Omnia
Munda Mundis”, trivellante fra cantato in latino ed italiano.
Malinconica “Reincarnazione”, altra piccola perla riflessiva
ed emotiva. Buone coralità in “Rex Mundi”, così
il ritornello. Il disco si chiude con “La Via Catara”
e l’intro elettronico. La ritmica ricopre nuovamente un ruolo
basilare. Di tanto in tanto nel corso delle canzoni si è anche
potuto ascoltare nei cori, le sperimentazioni vocali a cui Venturi
ci ha abituati negli anni nei suoi progetti alternativi.
La forza espressiva a disposizione della formula canzone, la poesia,
e la musica fanno di “Opium Populi” un pugno nello stomaco
più che uno schiaffo, i Tazebao ci gridano: “Ci vogliamo
svegliare si o no?”. Importante debutto, sotto molteplici aspetti,
compresa la grande professionalità palesata ed una personalità
che molte band di oggi possono solamente sognare. MS
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