È
con piacere che mi accingo a recensire il secondo lavoro dei bolognesi
Ten Midnight, uno di quei gruppi che mettono la passione davanti a
tutto. Come abbiamo già avuto modo di raccontarvi in occasione
della recensione del loro primo lavoro, i Ten Midnight amano fare
musica come si faceva una volta, musica suonata e anche un po’
vintage se vogliamo, ma con queste premesse la scommessa è
essere convincenti e i Ten Midnight riescono a dare un’immagine
onesta di se stessi. Ecco allora spiegato perché mi fa piacere
ritrovarli.
Apre un intro che lascia presto posto a “Lusitania”, un
brano tributo (dichiarato dalla band) ai Kansas e devo dire che il
brano funziona a meraviglia, anche i testi in italiano che una volta
tanto suonano bene, cosa non comune nel prog tricolore. Ottimi passaggi
strumentali, del resto dichiarando ammirazione per il gruppo di Walsh
i nostri non potevano rischiare di sfigurare e non sfigurano per niente!
Emozionante il solo finale di organo. In “Charlie Brown”
suona il chitarrista Alberto Bergonzoni degli Atroci e compare anche
un coro di bambini, melodia e prog si sposano, del resto i Ten Midnight
hanno sempre avuto un occhio di riguardo per tre componenti, le strutture
prog articolate, le belle melodie (alla Journey) e le partiture energiche
ai limiti dell’hard rock, un mix che rende molto gradevole l’ascolto
dei loro brani. Infatti ecco che l’avvio di “Run Bobby
Run” è più hardeggiante, anche se le ritmiche
sono sempre complesse e il fraseggio della chitarra è più
intricato di quanto sembri, poi nel ponte ecco un flauto che risveglia
molte care memorie. “Led Ten” è un omaggio ai Led
Zeppelin, quelli di Stairway… come nel caso precedente è
una rilettura peronalizzata e non una cover e questo è un vero
merito. “Lonely Man” è un po’ il cuore del
disco, uno dei brani più impegnati e direi anche più
personali della band, che merita ben più di un ascolto, grandi
partiture prog, con repentini cambi, nostalgico ma bello. Bella la
melodica “One More Song…” che ricorda certe arie
dei già citati Journey. “Sfere” ripropone il flauto,
sono ancora emozioni mai dimenticate che riaffiorano, ma il gruppo
sa il fatto suo e il risultato è riuscito. Si chiude con “Algarve”
che introduce soluzioni più moderne e ricercate su un impianto
vagamente sinfonico, forse questa sarà la prossima frontiera
della band, vedremo.
I Ten Midnight come abbiamo detto sono un gruppo animato da tanta
passione e la passione ricompensa sempre degli sforzi, per cui sono
convito che questo disco darà delle soddisfazioni sia al gruppo
che a chi avrà voglia di ascoltarlo con la mente aperta. Viva
il prog melodico! GB
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